L’opinione di Michele Mirabello

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Michelangelo Mirabello
Michelangelo Mirabello

RICEVIAMO e PUBBLICHIAMO:

Le cronache politiche degli ultimi giorni si sono caratterizzate per l’abnorme dimensione assunta dalla vicenda delle cosiddette pensioni d’oro.

Come al solito qualche titolo un po’ carico di populismo e qualche semplificazione giornalistica hanno contribuito ad aumentare la confusione già di per sè indotta da demagogie e propagande in perfetta mala fede a volte incredibili.

Non si è del resto fatto attendere l’immancabile tam tam sui social network, alimentato dai soliti professionisti del qualunquismo, assurti nell’era della tecnologia al superiore rango di “blogger”.

Ma proviamo a riassumere la vicenda, sperando, se possibile, di non peccare una volta tanto di troppa approssimazione. 

Il tema delle pensioni d’oro tocca nel vivo un problema reale, che riguarda un sistema pensionistico complessivamente diseguale, popolato da squilibri che tecnici della materia hanno efficacemente definito come “strutturali”, con oltre un terzo dei pensionati che percepiscono mediamente 450€ al mese e con pensioni alte maturate in alcuni casi con sistemi che con un eufemismo definiremmo particolarmente “favorevoli”.

Balza agli occhi peraltro un dato abbastanza interessante che ci dice che l’84,9% delle pensioni è al di sotto dei 2000€ e fra queste il 59% è al di sotto dei 1000€.

Proprio nel tentativo di porre rimedio a tali incongruenze sistemiche, pur nella rigidità di una materia dominata da diritti quesiti, il Parlamento ha per la verità già provato ad introdurre delle forme di tassazione aggiuntiva sui redditi pensionistici più elevati a partire dal 2011.

È  stato in effetti congegnato a tal fine il cosiddetto “contributo di solidarietà”, che prevedeva nel dettaglio delle aliquote pari al 5%, 10% e 15% sulle pensioni superiori rispettivamente ai 90mila, 150mila e ai 200mila euro lordi l’anno.

Su tale prima riforma è però intervenuta la Corte Costituzionale con la Sentenza 116 del 3 giugno 2013 che ne ha decretato l’incostituzionalità con particolare riferimento a profili connessi alla disparità di trattamento.

In buona sostanza la Consulta ha evidenziato l’incongruità di una tassazione aggiuntiva su redditi di natura diversa che deriverebbe dal contributo di solidarietà, applicato per i redditi da pensione ma non per quelli da lavoro dipendente o autonomo.

Successivamente, con la legge di stabilità 2013, e segnatamente con i commi 485, 486, 487 è stata nuovamente introdotta una forma di contributo di solidarietà a carico dei trattamenti pensionistici più alti, pari nel dettaglio al 6% oltre i 90 mila euro, al 12% oltre i 128 mila euro, al 18% oltre i 190 mila euro, per un periodo di tre anni.

Dunque sotto questo aspetto il Governo Letta ha intrapreso ancora una volta la strada della tassazione aggiuntiva sotto forma di contributo di solidarietà.

Questi gli interventi legislativi in materia.

Questa la soluzione concretamente adottata dal governo Letta con la legge di stabilità.

Ma a sollevare il polverone mediatico di questi giorni non è, diversamente da ciò che potrebbe apparire, un provvedimento legislativo o un emendamento. 

E’ la vicenda delle mozioni Parlamentari.

Sappiamo tutti che una mozione è in concreto un atto del Parlamento che impegna il governo ad intervenire su una determinata materia.

In particolare, l’otto di Gennaio il Deputato pentastellato Sorial ha proposto una mozione che ha tanto fatto discutere provocando un dibattito francamente surreale.

La mozione di Sorial in effetti, pomposamente ed impropriamente definita come “emendamento taglia pensioni d’oro”, non fa altro che richiedere al governo di impegnarsi a proporre l’aggiunta di un ulteriore contributo di solidarietà, definito “suppletivo”, con meccanismi peraltro già individuati sia nella legge di stabilità che nella proposta di legge n. 1785 prima firmataria Gnecchi (PD).

Dunque l’intervento dei Cinque Stelle riguarda una materia di cui si è occupato e si occupa il Governo, propone l’adozione di una forma di tassazione aggiuntiva e suppletiva, peraltro proprio per tale ragione illegittima ed improponibile, non riguarda una rivisitazione complessiva del sistema per come richiesto invece dalla mozione della Deputata Gnecchi che è stata approvata nella medesima seduta, e che impegna il Governo prima di tutto ad un monitoraggio reale dell’intero sistema.

Il paradosso è dunque costituito da un lato dal silenzio che ha accompagnato l’azione di chi la materia l’ha affrontata concretamente, e dall’altro dal clamore demagogico che ha accompagnato l’azione di chi ha proposto un mero impegno aggiuntivo, peraltro poco significativo, ed impraticabile sul piano oggettivo.

Improvvisamente nel paese dell’uomo qualunque chi le cose le ha fatte, e le ha messe nero su bianco, viene messo alla gogna da chi sulla materia prova a speculare senza produrre soluzioni praticabili.

Circolano sul web addirittura gli elenchi dei Parlamentari che si sarebbero resi responsabili, a dire degli ineffabili bloggers, di salvaguardare le pensioni d’oro.

Tutto ciò perchè hanno espresso voto contrario sulla mozione Sorial, votando peraltro una ben più seria ed incisiva mozione che affronta in maniera più completa e meno demagogica la materia.

Nessuno che si sia preso cura di annotare i pronunciamenti dei parlamentari sui commi 485, 486, 487, della legge di stabilità.

Quei commi che, come già detto, la tassazione di solidarietà sulle pensioni d’oro l’hanno introdotta e non solo proclamata.

Strano quel silenzio.

Ridicolo questo polverone sul nulla.

Michele Mirabello

Segretario Provinciale

Partito Democratico Vibo Valentia

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