Una chicca poetica di Titti Preta

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… a degno completamento dell’articolo sulla chiesa di Santa Ruba pubblicato ieri (CLICCA QUI), riceviamo e pubblichiamo una chicca poetica scritta da Titti Preta!
Maria Concetta Preta
Maria Concetta Preta
La cantica di Adelasia del Vasto (leggenda legata alla Chiesa di S.Ruba, XI secolo.d.C.) composta da Titti Preta

Il prode Ruggero spariva dalla terra
e la consorte, la scaltra Adelasia
tessè l’inganno al papa Callisto.
Non disvelò la morte del germano,
quando il pontefice, insieme alla curia,
giunse a consacrar novella chiesa
che il conte avea eretto come voto
per purificarsi dei peccati tutti
commessi in nome dell’immortale gloria
e della smisurata bramosia
che lo portaron a calpestar le leggi
divine e terrene 0spergiurando i patti
che sanciscon le umane convenzioni.

La mendace contessa fé cadere
l’ingenuo papa in femminil tranello,
adducendo una lunga cacciagione
che trattiene il consorte sulle Serre
a stanare gli indomiti cinghiali
per far banchetto con tutta la sua corte.
Papa Callisto si fida della dama
e benedice il sacello cristiano,
ma quando apprende la trista novella
maledice la donna e fa apparire
un serpente a roderle il cervello.

In gramaglie la contessa si presenta
implorando il pontefice cognato
che la terribile condanna sia espletata
nel dì in cui esalerà lo spirto.
In santa Ruba, splendido baluardo,
l’infida dama fa erigere il sepolcro
per accogliere le sue mortali spoglie
di dura pietra a resistere agli assalti
che vengano dal cielo o dalla terra.
Ma il serpente, morta la contessa,
s’insinua cupo nel reale avello
e compie interamente la mansione
assegnatagli dal papa furibondo.

Ed Adelasia, spettro insano e iroso,
nelle notti di bruma e di tempesta
per le mura del tempio bizantino
s’aggira in preda alla furia e all’isteria
tormentata dal rovello e dal peccato.
Felice il papa d’averla condannata,
di più Ruggero che trova la vendetta
d’una morte coperta dal misfatto
della mendacia dell’astuta consorte
che preferì la pompa della festa
al cordoglio d’un funere sommesso.
Urla Adelasia, tutto l’aere trema
sino alle falde del nobile castello
su per il borgo, i vicoli e le chiese
della Monteleone medievale.

Ancor oggi, viandante solitario
se ti trovi a passar per Santa Ruba
potrai udire, confusa con il vento,
flagellator di ulivi saraceni,
una voce che sale dalla terra:
da flebile lamento si fa grido
che ti travolge e ti rammenta che
la contessa non trova requie e sonno
e si consuma in lacrime e supplizio.
Sovente appare, incalzata dal serpente,
consumata dal rimorso e dal dolore
la superba Adelasia del Vasto
a rammentarci il suo fatale error.

Maria Concetta Preta, 2013
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