Considerazioni sul libro “Soltanto elucubrazioni? Riflessioni ed appunti” di Antonio Mungo (Mario Vallone Editore).
Il professore Antonio Mungo, già nel titolo del suo libro, comunica il suo modo di fare filosofia, che altro non è che l’amore del sapere, soprattutto di sé e di quanto ciò che lo circonda provoca in se stesso, nella sua mente, nel suo sentire, nel suo cuore e di come reagisce il suo cuore di fronte alla reale realtà.
E, come dice Eraclito, che egli ama: filosofia è ciò che può farti arrivare alla verità, alla verità di te stesso.
E poi, che cosa è la realtà? La verità?
E’ la vita vissuta, rivisitata dalla memoria, sono i ricordi, ma anche i sogni, i progetti, i propositi e le illusioni, che erano tali perché erano appartenute a un tempo, a un’età che, ormai lontana , non c’era più.
Certo, rivisitare il passato nell’età adulta, è come assistere ad una commedia, a scene vissute da altri attori che hanno fattezze diverse, anche se somiglianti a quello che si era stati una volta.
Le emozioni che il professore prova sono sorprendenti e il primo a sorprendersi è proprio lui. Spesso, infatti, per tradurre le emozioni, che non sono più sue, è costretto ad esprimersi con concetti e parole d’altri.
Novello Leopardi, non parla delle vicende ridenti che l’hanno anticipate, ma delle conclusioni tristi cui è pervenuto.
Godi fanciullo mio… ma la tua festa… cosi riviveva l’attimo spensierato al suo paese, che , sempre amato, sfugge, al quale ritorna di soppiatto, per fuggirne nuovamente.
O l’amore degli studi classici, appassionati e gli intermezzi con gli amici e l’unico grande amore che si è dissolto tragicamente nell’aria come si è dissolta la sua gioventù. E la malinconia che forse ha ignorato nel tempo l’assale ora e si tramuta in versi tristi, ma non suoi, come per parlare dell’amore folgorante della maturità chiede a prestito i versi di Saffo.
La contraddizione del presentare sentimenti e atteggiamenti nei fatti citati, sono come testimonianza della timidezza dell’autore, come se, confessando i tremori, i rossori, le estasi, le sofferenze e i dolori, fosse come spiarli di nascosto, infrangere la riservatezza, violare i segreti della sua anima ormai matura, ma ancora prigioniera delle sensazioni vissute sperate o sognate di un passato che la lontananza, nel ricordo, rende preziose.
Anche la sua cultura classica, che l’ha portato a volte a voler visitare posti e esperienze fatte da uomini illustri, lo porta fatalmente a sorvolare sui fasti e le gesta grandiose del passato, per parlare delle miserie umane che hanno fatto da contorno, ma non hanno fatto distogliere l’attenzione dal meraviglioso che comunque è stato compiuto dagli eroi, e che anzi , così si è si è esaltato di più.
E allora, leggendo assieme a lui i suoi versi e le prose dotte, diventiamo di volta in volta spensierati, felici, nostalgici, interessati, ma alla fine malinconici spettatori di ciò che è stato e non si è saputo cogliere che troppo tardi, dopo che l’attimo concesso dagli dei, benigni ma invidiosi, era sfuggito per sempre.
Poi, la saggezza raggiunta con la maturità non gli ha evitato fughe in avanti, inseguendo nuovo Epicuro, quella dolcezza del vivere, quella gioia, della quale, come un tempo, è diventato consapevole quando ne è rimasto solo il ricordo nel presente e nella sua dolce amara testimonianza.
Graziella Duca Arcuri
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MarioVallone
