Dossier di Libera sui beni confiscati alle mafie in Calabria

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“Raccontiamo il bene” –

Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.

 I numeri, le esperienze e le proposte

Dossier di Libera in occasione dell’anniversario della  legge n. 109/96

La fotografia delle esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati:

sono 991 soggetti diversi in 359 comuni impegnati

nella gestione beni immobili confiscati alla criminalità organizzata

In Calabria sono 145 soggetti diversi che gestiscono beni confiscati:

il 60% sono associazioni, il 18% Coop sociali e consorzi di cooperative,  il 12% Enti ecclesiastici

78 soggetti gestori svolgono attività che sono direttamente legate a servizi di welfare per la comunità 23 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile e della cultura

Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Beni confiscati in Calabria

sono 1.921 i beni immobili in gestione, 3.127 quelli confiscati e destinati

Un popolo variegato di associazioni, cooperative sociali, del mondo del volontariato dalla Lombardia alla Sicilia protagonisti della trasformazione da beni in mano alle mafie a beni comuni e condivisi. In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Sono 991 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni, in 359 comuni. Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. Più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (525) mentre le cooperative sociali sono 217 (con 5 cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e 26 consorzi di cooperative).

Libera con la ricerca “Raccontiamo il bene” – Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie vuole raccontare, dopo ventisette anni, il Belpaese, dove in silenzio, opera  una comunità alternativa a quelle mafiosa, che lavora e si impegna a  realizzare un nuovo modello di sviluppo territoriale.

Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Il 40% riguarda appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; il 18% ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale, palazzine; il 19% terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); il 10% locali commerciali o industriali, capannoni, magazzini, locali di deposito, negozio, bottega, uffici.

“Dopo 27 anni dalla legge 109 – commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera – sono 991 soggetti dell’associazionismo, realtà del mondo religioso, gruppi dello scautismo e della cooperazione che, ogni giorno, danno una nuova vita ai beni confiscati, rendendoli sempre di più luoghi comuni. Producono un’economia sana e pulita, che non guarda al profitto ma allo sviluppo della persona e delle sue abilità, un’economia sostenibile e con la mano tesa verso l’ambiente. Nei prossimi mesi continueremo la nostra attività di monitoraggio per arrivare a una grande assemblea nazionale, con tutti i soggetti che lavorano sui beni confiscati alle mafie e ai corrotti. Forte il nostro impegno anche per non far spegnere il dibattito politico e legislativo su questi temi: non siamo disposti ad accettare attacchi alla normativa sulle misure di prevenzione e sul riutilizzo, che riteniamo uno degli strumenti più importanti per il contrasto alle mafie e alla corruzione. Servono, invece, strumenti sempre più precisi e sistematizzati per gestire il grande numero di beni immobili e di aziende confiscate, per poter trasformare questo patrimonio in vera opportunità per il Paese.”

La fotografia in Calabria delle pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.

In Calabria sono 145 le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata. Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore ci sono 87 associazioni, 26 Coop sociali e consorzio di cooperative, 17 Enti ecclesiastici, 5 Enti pubblici con il terzo settore e 4 fondazioni. Ben 120 soggetti gestori svolgono le loro attività in appartamenti, a volte con box auto o con dei piccoli giardini; 24 esperienze hanno in gestione delle ville, mentre sono poche le esperienze di gestione di terreni a uso agricolo. Sono 78 i soggetti gestori svolgono attività che sono direttamente legate a servizi di welfare per la comunità; 23 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile e della cultura.

In Calabria sono 59 i progetti approvati e finanziati che interessano 35 enti per un importo complessivo di circa 58 milioni di euro  secondo il decreto dell’Agenzia per la Coesione territoriale con la graduatoria dei soggetti assegnatari dei finanziamenti previsti dal PNRR per la rifunzionalizzazione dei beni confiscati nelle regioni meridionali. In occasione dell’anniversario Libera ha elaborato  i dati dell‘Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 25 febbraio 2022): in Calabria  sono 3.127 i beni immobili (particelle catastali) destinati ai sensi del Codice antimafia mentre sono  in totale 1921 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sono invece 227 le aziende destinate mentre sono 326 quelle ancora in gestione.

Gli importanti risultati raggiunti in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e dei corrotti e le sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, richiamano sempre più l’attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Per queste ragioni, chiediamo con urgenza e rilanciamo le seguenti proposte:

  • Aumentare la trasparenza delle Pubbliche E’ necessario accrescere il livello di trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni in materia di beni confiscati, affinché la piena conoscibilità dei dati e delle informazioni possa essere da stimolo per la partecipazione democratica dei cittadini e delle cittadine;
  • Il terzo settore: protagonista di una rivoluzione quotidiana. I principi della co-programmazione e della co-progettazione, e di conseguenza il coinvolgimento attivo di tutto il terzo settore, devono essere presupposti per tutti gli interventi normativi pubblici e per gli interventi di sostegno finanziario pubblici e privati;
  • I finanziamenti: un sistema integrato per la valorizzazione dei beni confiscati. È urgente che vengano messi a sistema tutti i finanziamenti pubblici (locali, nazionali e di derivazione europea) che possono trovare negli immobili confiscati strumenti di realizzazione delle politiche pubbliche. Nell’ambito delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, la valorizzazione dei beni confiscati non dovrà riguardare soltanto opere di ristrutturazione e ri-funzionalizzazione, ma comprendere  la fase di start up e di gestione delle esperienze di riutilizzo. Così come, gli interventi di sostegno dovranno interessare tutte le Regioni e non solo il Sud e le Isole;
  • La normativa antimafia: passi in avanti per l’implementazione.Il Codice Antimafia deve essere attuato in tutte le sue positive innovazioni, quale strumento efficace di contrasto patrimoniale alle mafie; è necessario che diventi effettiva l’estensione ai corrotti delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, assicurando così la piena equiparazione della confisca e del riutilizzo dei beni tolti ai corrotti e alla criminalità economica e finanziaria;
  • Il diritto al lavoro: costruire mutualismo attraverso l’economia. Le esperienze dei workers buyout e di cooperative di lavoro nate all’interno di aziende sequestrate e confiscate dimostrano la necessità di un dialogo costante tra enti pubblici e partenariato economico e sociale. A partire dai tavoli provinciali presso le Prefetture, le istituzioni possono garantire la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate e un supporto adeguato al fine di garantire la loro continuità imprenditoriale.

 

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