Le idee di Francesco Paparatto per arginare lo spopolamento dei piccoli paesi del sud

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C’è un’Italia minore per dimensioni che rischia di sparire ed è quella dei nostri piccoli Paesi del Sud. Questi rappresentano una risorsa: Salviamoli!

di Francesco Paparatto

Mi chiamo Francesco Paparatto e sono titolare di una piccola struttura ricettiva sita nella frazione Coccorino del Comune di Joppolo.

Con la presente desidero porre all’attenzione una proposta che ha a cuore i molti paesini del nostro territorio ormai in via di spopolamento e abbandono, convinto che questi sono degni e meritevoli di una possibilità di rilancio.

Da anni, c’è un movimento costante in atto di svuotamento dei piccoli comuni, sia montani, che di fascia costiera, sia a vocazione agricola che turistica. I dati sono allarmanti, molti paesini sono già diventati paese-fantasma e altri sono sulla stessa via dove lo spopolamento ha superato l’80%. Le scuole chiudono, per mancanza di bambini, le attività commerciali come bar, market, trattorie chiudono per scarsa vendita per aprire solo nei periodi estivi. Gli uffici postali spostano gli sportelli altrove e il servizio di trasporto pubblico è inesistente. Insomma c’è un’Italia minore per dimensioni che lotta per non sparire e a salvare questo piccolo Mondo antico non sarà certo il reddito di cittadinanza ma iniziative per richiamare altri abitanti: mettendo a disposizione le case abbandonate e accordando incentivi fiscali per attività commerciali e artigiane e nuovi residenti e soprattutto servizi.

La parola d’ordine è quindi trasformare i limiti, come l’isolamento, in opportunità per turisti e nuovi abitanti.

Come?

Personalmente ho due idee distinte per fermare questo triste fenomeno, portando come esempio il mio piccolo Paese Coccorino, frazione di Joppolo, situato in uno dei punti più suggestivi e panoramici della Costa degli Dei ma naturalmente questo esempio deve essere rapportato a tutti i paesini del nostro splendido territorio della Costa degli Dei e dell’Altopiano del Poro:

  • La prima è quella della creazione del “Paese Albergo” o Albergo Diffuso. Il modo di fare turismo sta cambiando: soggiorni più brevi, all’insegna del risparmio, ma soprattutto il desiderio di entrare in contatto diretto con storia, arte, cultura ed enogastronomia delle tante realtà locali di cui è ricco il nostro Paese. Negli ultimi anni, infatti, il sistema ricettivo italiano è segnato dalla nascita di nuove e originali formule di ospitalità che si sono affiancate a quelle tradizionali per andare incontro alle diverse esigenze e recenti richieste dei turisti. Tra queste spicca il Paese Albergo che, pur rappresentando ancora un modello di ospitalità di nicchia, sta registrando una continua e costante crescita. La formula di Paese Albergo è una struttura “orizzontale” che mette a disposizione camere e/o appartamenti dislocati in immobili differenti all’interno di un borgo o paesino, vicini tra loro. Le stanze o gli appartamenti destinati agli ospiti, infatti, sono ricavati dalla ristrutturazione e dall’adattamento di abitazioni preesistenti non abitate e non necessariamente nello stesso edificio. Per questo motivo i clienti-tipo di un Albergo Diffuso sono turisti che amano viaggiare e scoprire nuovi posti, alla ricerca di formule di accoglienza il più possibile in sintonia con le tradizioni locali che permettano loro di immergersi nella vita reale del borgo a contatto con i residenti del luogo. Di conseguenza con la creazione del Paese Albergo possono nascere servizi di ristorazione e degustazione dell’enogastronomia locale. La progressiva e costante diffusione dell’”albergo diffuso” è dovuta principalmente all’attenzione di una parte della domanda turistica ai contenuti di sostenibilità e rispetto dell’ambiente proposte da alcuni luoghi di soggiorno. E’ in questo contesto che va collocata la natura propria di tale tipologia ricettiva. La naturale collocazione, pertanto, dell’”albergo diffuso”, riferendosi ad un modello ampio ed elastico definibile come “paese albergo”, vede privilegiare i piccoli centri storici ed i borghi e nuclei di antica formazione o gli insediamenti rurali o montani, pur non escludendo la validità di soluzioni legate a singole presenze significative in contesti diversamente urbanizzati. Quindi si é rivelato un modello particolarmente adatto per valorizzare borghi e paesi spopolati, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni soprattutto rilanciando l’economia locale. La Calabria oggi può vantare di due modelli di “Paese Albergo”, quello di Belmonte Calabro in provincia di Cosenza e quello di Cropani in provincia di Catanzaro.
  • La seconda è quella di puntare sulla sostenibilità della vita ed offrire un’opportunità in quest’ottica a tantissime persone d’Italia, d’Europa e del Mondo di conoscere il nostro territorio e di venire a vivere, saltuariamente o per tutto l’anno, nei nostri paesini. Come? Prendo come esempio il mio paese, Coccorino che nella parte alta ha due piccoli centri storici per il 90% abbandonati e spopolati; facendo una passeggiata in questi piccoli borghi si possono notare tantissime casette costruite in terra cruda, mattoni e pietra dall’antica popolazione, casette ormai in disuso e per la maggior parte pericolanti ma in mezzo a queste ci sono anche delle case recentemente ristrutturate usando uno stile architettonico in pietra, mattoni antichizzati e legno da cittadini stranieri attratti dal nostro territorio e che vivono qui stabilmente. L’idea è di realizzare un progetto di restauro delle case abbandonate e delle stradine del centro storico di concerto tra architetti ed ingegneri del luogo, disposti anche a realizzarlo gratuitamente per la causa Comune e l’amministrazione Comunale che deve provvedere alla parte burocratica e soprattutto ad accedere a bandi per reperire Fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. Dopo averlo realizzato si ricorre alla Rete per cercare potenziali compratori da qualsiasi parte del Mondo mettendoli in contatto con i proprietari delle case in disuso, i quali hanno manifestato espressamente di non essere interessati a restaurarle, per una possibile vendita ad una modica cifra con progetto già realizzato in cambio dell’impegno a riqualificarli e “viverli” aggiungendo anche una possibile esenzione o sgravio fiscale sugli immobili. Non bisogna però dimenticare un altro aspetto importante da abbinare, ossia garantire il potenziamento della struttura informatica. Perché i possibili compratori possono essere sia pensionati ma anche chi esercita attività professionali o artigiane oppure studenti e ormai è risaputo che nell’era Covid e post-Covid in tanti svolgono il proprio lavoro in Smart Working, quindi  garantire l’infrastruttura informatica è fondamentale. Per attrarre nuovi abitanti servono dunque opportunità di lavoro, infrastrutture e servizi efficienti. Ma al netto di queste esigenze, è anche vero che garantirsi un buon livello di qualità della vita in un piccolo comune può essere più facile che in una metropoli, anche disponendo di un reddito non elevato. Si può autoprodurre una parte del fabbisogno alimentare, si può più facilmente che in città essere al tempo stesso consumatori e produttori di energia pulita, grazie alla banda larga e alle nuove tecnologie si può studiare e lavorare a distanza. E non sono solo le professioni strettamente intellettuali a poterlo fare: se assistito da una buona connessione internet, anche un artigiano digitale può decidere di produrre le sue creazioni in un piccolo comune per poi venderle on line e spedirle a destinazione, una piattaforma di vendita internazionale può cambiare il volto di impresa di piccole produzioni di qualità locali e aprire loro una finestra verso il mondo e la comprensione del loro valore e unicità nel mercato. La dimensione del piccolo comune può rappresentare la soluzione abitativa ideale per diverse fasce sociali e di età, ma soltanto se la comunità ospitante sarà in grado di garantire i servizi essenziali – salute, istruzione, trasporti, connessione veloce a internet – contemporaneamente a un buon livello di qualità della vita e a un’offerta soddisfacente di cultura e socialità. Anche in questo caso, la quantità ridotta di abitanti può rappresentare un’opportunità e non un vincolo se si è in grado di mettere in campo un’elevata capacità di fare rete, un’apertura verso la multifunzionalità di luoghi e professioni e la capacità di innescare dinamiche di condivisione ed economie di scala.

Oltre alle piccole case abbandonate nei piccoli paesini ci sono anche molti edifici sia pubblici che privati in disuso e riguardo a quest’ultimi una proposta seria da portare al Consiglio dei Ministri e al Parlamento tramite Regione ed Enti Locali sarebbe quella di fare dei piccoli Paesi spopolati del sud dei paradisi fiscali e quindi incentivare il trasferimento della sede legale di molte piccole-medie imprese italiane che attualmente si trovano in Paesi con regime fiscale molto basso come Olanda, Malta appunto nei piccoli paesi e borghi del Sud garantendo un uguale o più vantaggioso regime fiscale dei paesi esteri  offrendo loro gli immobili in disuso da adibire ad uffici e garantendo appunto una veloce connessione internet e questo creerebbe anche molte opportunità di lavoro per molti giovani.

Sembrerà un progetto difficile, ma, a mio avviso, molto fattibile e ambizioso soprattutto alla luce degli incentivi statali Sisma Bonus, Eco Bonus ed i Fondi dell’Unione Europea di Sviluppo Regionale considerando che il nostro territorio, i nostri paesaggi, la nostra gastronomia sono molto apprezzati da molti popoli Europei e alla fine ciò favorirebbe soprattutto l’economia dei nostri paesini, in quanto più abitanti, di conseguenza più fabbisogni, più commercio, più servizi.

 Francesco Paparatto

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