“Pi na facci ammucciata”

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Un  tempo esisteva un alto senso di solidarietà, specie nella (povera ma non misera) civiltà contadina.

Di seguito una breve ma eloquente e significativa testimonianza, firmata da mio padre, dott. Pasquale Vallone, riferita alla nostra comunità: Brattirò.

m.v.

PI NA FACCI AMMUCCIATA. Era un segno di solidarietà di grandissima importanza umana e sociale. Un impegno etico-sociale a favore di altri. Un atteggiamento solidale di benevolenza e di aiuto a persone che si trovavano in situazioni di indigenza e di bisogno. Era un venire incontro alle esigenze e ai disagi di chi aveva bisogno di aiuto. Si raccoglieva denaro e lo si dava… “Pi na facci ammucciata”. “Ammucciata” significava “tenere nascosto” il nome del “beneficiario”. Ma nelle piccole comunità le cose si sapevano e il “beneficiario” era notorio. Lo si poteva chiedere a chi “cercava” l’aiuto, ma in genere non lo si faceva, dimostrando così piena fiducia nella persona che si era “esposta” per chiedere…

Io mi ricordo un simile evento.

Era una fredda sera di febbraio del 1952. Eravamo seduti al braciere: mia nonna Maria (1877-1958), mio zio Peppe (1922-2007), mia zia Nuzza (1917-1991), mia mamma Saveria (1913-1996), mia sorella Maria (1947) e io. Bussarono ed entrarono Furchì Giuseppe (1925-2002), Peppi i Manna e Rombolà Giuseppe (1902-1994), Peppi i Baghera che dissero: “Venimu pi na facci ammucciata”. Mio zio diede loro dei soldi, poi scambiarono qualche parola del più e del meno senza entrare nello specifico e, quindi, loro andarono via, per bussare ad altre case…

Quando furono usciti, in casa commentarono la cosa e fecero il nome di quello della “faccia ammucciata”…

Pasquale Vallone

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