Un altro omaggio a Pasquale D’Agostino

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Che significa, in concreto, il concetto che sono le masse che fanno la storia? Come e perché si verifica una trasformazione pacifica rivoluzionaria, che muta qualitativamente le forze riunite in uno spazio preciso?

Ma come avviene la trasformazione di un piccolo, grande, grandioso, imponente raggruppamento di uomini e donne con bambini in una forza politica omogenea e compatta, convinta e decisa, perché ha coscienza sugli obiettivi, idee per raggiungerli e trasformare in leggi le risposte ai bisogni, coscienza sulle modalità democratiche della lotta e sulla capacità di rappresentare anche i bisogni e i diritti di chi non c’è?

Mancano perché gli anziani assistono gli animali e i bambini piccoli; tutelano la casa; perché in famiglia si sono divisi i compiti; perché c’è ancora incertezza.

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Ma qual’è la filiera che costruisce la folla di compagni, quella che deve dimostrare ragione e coraggio, competenza e decisione, capacità di giudizio e di controllo, capacità di guidare senza ascoltare provocazioni, le manifestazioni da Tropea a Vibo Valentia, da Catanzaro a Reggio a Roma?

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Avete già capito che parliamo di Tropea, del mondo contadino e politico per radicare sul territorio la Federterra,  la CGIL, il PSI, il PCI.

Riprendendo una strada spezzata dal Fascismo che aveva costretto al silenzio i primi socialisti – e i primi comunisti – i  Mottola,  i Di Bella.

Ma nel 1944 con i Decreti Gullo si ripartiva. E si ripartiva dal pane, dal bisogno di mangiare.

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Si ripartiva dal bisogno di lavoro e di pane, di terra e di libertà.

Si ripartiva con l’orgoglio di avere fatto i Partigiani e avere portato la Repubblica alla vittoria.

Si ripartiva con la passione civile e il fuoco dell’ingiustizia che bruciava le spalle e la testa. Ma si doveva lottare anche con la scrittura, il sapere – schierato con i contadini.

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Così arrivavano i militanti ragazzini, a Spilinga, a Ricadi, a Parghelia, a Drapia, a Rombiolo. Leggono per i compagni l’Unità e l’Avanti, e le tabelle sindacali.

Le donne braccianti ricamano bandiere rosse e simboli di sindacato e di partito; dalle loro gole escono possenti e combattive le canzoni delle mondine, della lotta partigiana, dei sindacalisti uccisi dalle mafie nei feudi occupati dai braccianti senza terra.

Uomini e donne costituiscono un’avanguardia capace di lottare per il pane e per la libertà, accettando senza reagire il prezzo di sangue che le mafie impongono loro.

Il sorpasso della civiltà contadina sulla civiltà barbarica dei proprietari terrieri è palesemente un salto nei cieli delle democrazie per tutto il Mezzogiorno.

Le lotte contadine sono un’epopea civile figlie del coraggio e della tenerezza, della fame di pane e della sete di sogno e di libertà.

Una pagina straordinaria scritta  nelle terre del feudo e delle mafie.

 

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Pasquale D’Agostino è uno degli organizzatori di base dei maestri degli Istituti Magistrali (vi ricordate che è stato scritto che sarà un esercito di maestri a sconfiggere le mafie?); uno degli organizzatori dei contadini senza terra nelle campagne; uno degli organizzatori degli studenti della sinistra negli Atenei.

Le sue conversazioni, i suoi dibattiti, la foga e la forza di convinzione che caratterizzavano tutto ciò i suoi comizi in tutte le campagne elettorali – comunali, provinciali, regionali, politiche – non si contano.

Ha parlato in paesini di poche centinaia di persone e in città.

Fossero poche decine gli ascoltatori o centinaia e migliaia, il suo linguaggio era sempre lucido, appassionato, convincente.

Era la lingua di una persona, di un compagno, che credeva profondamente in ciò che diceva.

Battaglie non senza rischi, ma sempre senza paura. E così le donne braccianti della cipolla rossa di Tropea e delle noccioline americane, della raccolte delle arance e delle olive; gli uomini che preparavano il terreno per la cipolla e le noccioline e per l’impianto degli agrumeti e dei vigneti e che controllavano la distribuzione dell’acqua, assumono un ruolo guida.

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Lo scontro più duro è però sulla ripartizione dei prodotti del grano: i Decreti Gullo garantiscono il 30% del prodotto ai contadini.

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A queste richieste alimentari si aggiungevano il diritto all’orario di otto ore giornaliere, la parità uomo-donna, l’istruzione obbligatoria e gratuita fino alla terza media, la tutela della salute e dell’infanzia, l’abolizione delle gabbie salariali, lo Statuto dei lavoratori, il diritto alla casa.

E il bisogno di infrastrutture per il Sud.

Un programma importante, concreto.

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Perché i Pasquale D’Agostino insegnavano nelle scuole, facevano politica e comizi ovunque, incluse frazioni sperdute, con la copia dell’Unità in tasca e il fazzoletto rosso del PCI al collo.

Una passione civile fervente, una voglia di cambiamento, una cultura solida su tutti i piani e una volontà di ferro.

Il sole dell’Avvenire era la nostra meta. Ci credevamo.

Vedevamo gli occhi degli anziani lucidi di speranza, di orgoglio. Gli occhi dei bambini sospesi tra le stelle. La lotta rendeva tutto possibile.

E un piatto di fagioli con erbe e peperoncino, con un bicchiere di vino offerto dai compagni, ricompensava abbondantemente le giornate trascorse tra pianure e colline, torrenti e boschi, per raggiungere compagni che erano già tali e uomini e donne che si sperava e si voleva che compagni diventassero.

Dignità e libertà, futuro di pace e di lavoro dovevano essere costruite giorno dopo giorno.

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Quei sogni e quelle speranze non restavano tali. I patti agrari furono modificati; la riforma agraria fu realizzata; le otto ore furono conquistate; le gabbie salariali saltarono; il feudo finì di ossessionare i contadini e il suo cadavere non fu né pianto né rimpianto; le scuole dell’obbligo e gli Atenei vennero aperti ai capaci e meritevoli e lo Statuto dei lavoratori  brillò sulle teste dei lavoratori italiani.

Altro si potrebbe aggiungere, ma quanto detto basta per capire che la lotta da vita ai sogni e trasforma presente e futuro di intere generazioni.

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Per concludere. Idee chiare, progetti maestosi, lotta finalizzata e guidata dalla forza della ragione: sono le motivazioni che hanno reso leggendarie le lotte vittoriose contro il blocco agrario, le gabbie salariali, lo Statuto dei lavoratori.

Perché le masse hanno le gambe, il cervello e il cuore, quelle dei giganti, come Di Vittorio, e quelle dei braccianti analfabeti e dei figli di braccianti laureati, come Pasquale D’Agostino.

Gli uomini come lui sono stati l’anima delle masse, che hanno fatto la storia del Sud nella Repubblica.

Saverio Di Bella

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