L’incontro tra il vibonese Benedetto Tromby ed un nobile spagnolo

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Mons. Antonio Despuig DametoAntonio Despuig y Dameto nacque in una nobile famiglia in Palma di Majorca  il 31 marzo 1745, ebbe una precoce vocazione al sacerdozio e frequentò gli studi superiori con un buon successo. Fu ordinato sacerdote il 3 luglio 1774 a 29 anni. Appassionato esploratore costiero tracciò una dettagliata carta geografica dell’isola di Majorca che fu pubblicata con ufficialità. Dopo l’ordinazione, a bordo di una speroniera, continuò a coltivare questa sua passione rilevando le formazioni costiere prossime all’isola di Majorca.  Il 5 febbraio 1783, mentre era intento e rilevare le coste calabresi, a causa del mare agitato, fu costretto a sostare nelle acque antistanti Tropea: era il Il 5 febbraio 1783; giorno del grande sisma che sconvolse la terra di Calabria e di Sicilia.

Il 5 febbraio 1783 segna una data di grave lutto per la Cala­bria. Un violento terremoto del 9° grado della scala Mercalli scosse la terra, seminò il terrore in tutta la regione e cagionò rovine indescrivibili; in pochi istan­ti perirono più di 40.000 persone.

Nella Certosa di Serra dove non vi furono vittime ma degli edifici neppure uno rimase illeso, andò in rovina, in un attimo, il lavoro di secoli. Le imponenti costruzioni, le pre­giate opere d’arte ed i magnifici fabbricati furono notevolmente danneggiati. Anche nel paese di Serra i danni materiali furono ingenti; le perdite umane, per fortuna, esigue.

Quel triste evento fece incontrare due illustri personaggi storici; il padre certosino Dom Benedetto Tromby e il nobile Don Antonio Despuig y Dameto dei Conti di Montenegro e Montorio.

Accadde che, in quel 5 febbraio 1783, Dameto e l’equipaggio dalla speroniera avvertirono quelle devastanti scosse, tanto che il nobile Dameto non esitò a scendere a terra con l’intento di prestare soccorso alle vittime del sisma. Vista la gravità dell’evento sismico, da caritatevole uomo di chiesa, volle verificare quanto era avvenuto nel Convento dei Domenicani in quel di Soriano, e nella Certosa di santo Stefano del Bosco in Serra. Ivi giunto, dopo un non facile percorso, trovò situazioni desolanti in entrambi i siti. Infatti, dopo aver constatato il crollo del Convento di  Soriano, raggiunse a fatica la certosa di Serra dove trovò un’immane distruzione. Tutte le costruzioni erano danneggiate ma, fortunatamente i 28 certosini presenti in quel luogo di preghiera, erano rimasti illesi. Il sacerdote spagnolo si presentò, abbracciò e infuse coraggio a Dom Benedetto Tromby che proprio in quei giorni era rimasto alla guida di quella comunità monastica in sostituzione del priore assente. A quel tempo la Certosa era retta da Dom Pietro Paolo Arturi che, convocato dal Priore Generale per l’assegnazione dell’alta carica di Visitatore Generale dell’Ordine, aveva raggiunto Napoli. Don Dameto restò tre giorni fra le rovine della Certosa e collaborò con i sopravvissuti. Si pose a fianco di padre Tromby, per il recupero delle sacre reliquie e per fronteggiare la critica situazione che si era creata.

Spronati dallo spirito indomito di don Dameto e aiutati dalla loro forte fede, i monaci si prodigarono per salvare il busto del santo, il prezioso reliquario (dono della contessa Adelaide), e quanto altro di prezioso e sacro si poteva trarre dalle macerie della chiesa: e ciò a rischio di restare seppelliti dallo stacco delle soprastanti strutture pericolanti.

Il futuro è stato infausto per quel luogo di preghiera che custodiva le spoglie di Brunone da Colonia, fondatore dell’Ordine Certosino:

Certosa di Serra distrutta nel 1783Il Priore Dom Pietro Paolo  Arturi ed i suoi confratelli, costretti ad abbandonare la certosa in rovina, furono accolti  in altri monasteri.

In quella circostanza, Dom Benedetto Tromby, in età avanzata e cagionevole in salute, decise di ritornare a Monteleone nella casa natìa, dove trascorse gli ultimi cinque anni della sua vita assistito della sorella. Si spense il 16 giugno del 1788. La sua tomba si trova a Vibo Valentia nella chiesa di San Giuseppe; presso la sagrestia.

Don Antonio Despuig y Dameto, dopo aver portato soccorso anche in quel di Messina, tornato nell’isola di Maiorca annotò, nel diario della sua chiesa, i passi salienti della disavventura vissuta in terra di Calabria, allegando una lettera testamento con il disegno di una croce pastorale (*) ricevuti in custodia dal padre priore Dom Pietro Paolo Arturi. Negli anni a seguire, don Dameto, per la sua eccellente condotta, ottenne nomine prestigiose in campo ecclesiastico e in diversi settori culturali. Fu Pastore all’Arcivescovado di Valencia e nel 1795 trasferito a quello di Siviglia. Alla morte di Pio VI si recò a Venezia per il Conclave e alla solenne incoronazione di papa Pio VII era presente come ambasciatore del Re di Spagna. In seguito, Pio VII, per i suoi meriti lo elevò al rango di cardinale nel Concistoro dell’11 luglio 1803,  nello stesso anno fu nominato Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore e anche Protettore dell’Ordine di Malta. Fu elevato a Pro-Vicario di Sua Santità per Roma il 26 marzo 1808, e in seguito nominato Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali.

In età avanzata, Mons. Antonio Despuig y Dameto, a causa della sua salute cagionevole, scelse di soggiornare in Italia e andò a vivere a Lucca, dove morì nel 1810 e fu sepolto nella cattedrale metropolitana di quella città. Nell’ottobre 1993, i suoi resti mortali furono portati a Palma di Maiorca e tumulati nella chiesa di Santa Magdalena.

(*) – Copia del disegno di quella croce pastorale la ritroviamo nel libro “L’Angelo di Sibilla” di Lomorandagio  ed. 2014- 

                                             – Tra storia e leggenda – di Girolamo Onda

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