Le memorie di un pellegrino tropeano

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copertina-ok-2LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO “IL CAMMINO DI ENZO” SCRITTA DA FRANCESCO APRICENO

In questo libro sono custodite le memorie del pellegrino tropeano Enzo Taccone che ha deciso, nell’anno 2012, di compiere l’itinerario religioso e culturale noto come “Cammino di Santiago” ossia il percorso che, attraverso i territori di Francia e Spagna, conduce alla cattedrale e alla tomba di San Giacomo il Maggiore, site in Santiago di Compostela, capitale della Galizia, regione a nord-ovest della Spagna.

San Giacomo fu apostolo di Gesù Cristo insieme al fratello Giovanni e, secondo una leggenda, arrivò in quei territori per evangelizzare le popolazioni. Quel che è attestato dagli storici, tuttavia, è che morì martire nella Giudea sotto il regno di Erode Agrippa I, intorno al 44 d.C. La leggenda, inoltre, vuole che le spoglie dell’apostolo siano state trafugate dai fedeli e portate in Galizia dove, nell’anno 830, in seguito ad una visione luminosa del religioso Pelagio, che vide tre luci simili a stelle sul monte Liberon, furono scoperti i resti sepolti di San Giacomo. Così il luogo del sacro ritrovamento prese il nome di Santiago dal nome latino Santi Jacobi, in Spagnolo Sant-Yago. Compostela, invece, potrebbe derivare dal riferimento alla scoperta dei resti del Santo (Campus stellae=campo della stella oppure Campos tellum=terreno di sepoltura).

Nel 1705, iniziò la costruzione della maestosa cattedrale, meta finale del percorso religioso, ricca di reliquie, nella quale si celebra la messa in onore dei pellegrini e dove questi ricevono la benedizione. L’itinerario, tuttavia, è stato prolungato fino a Finisterre (Fisterra, in galego), dove la tradizione vuole che il pellegrino bruci gli abiti del pellegrinaggio e si immerga nell’oceano per un bagno purificatore.

Il Cammino di Santiago è stato riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità e, nel 1987, ha ricevuto dal Consiglio d’Europa il riconoscimento di “itinerario culturale europeo”.

Enzo Taccone, dalla piccola Tropea, ha sentito il bisogno di intraprendere il suo cammino personale nel momento in cui, come egli stesso confessa, voleva ringraziare il Signore per non aver fatto soffrire sua madre, la quale, dopo una vita fatta di gioie, sofferenze, ma soprattutto di tanta generosità e amore donato a tutti come al suo unico figlio, ha lasciato questa terra per unirsi al Creatore. Era il giorno di Pasqua quando si spense tra le braccia della sorella. Enzo ha voluto intraprendere questo cammino di fede per avvicinarsi a Dio e sentire in lui la vicinanza di sua madre, degli amici che hanno salutato per sempre la loro esistenza terrena come “Mico”, Domenico Varrà, quell’amico con cui aveva condiviso un rapporto fraterno, nato tra i banchi di scuola e  cresciuto tantissimo negli anni. “Ci capivamo al volo e senza fare grandi discorsi” – racconta Enzo. E attraverso la luce delle stelle, come successe al religioso Pelagio quando gli fu indicata, secondo la leggenda, la tomba dell’Apostolo, egli incontra  il suo amico fraterno e parla con lui. E in quel momento Mico fa sentire maggiormente protetto, anche in un percorso pieno di insidie, l’amico Enzo, lo sostiene e gli dà la forza per proseguire, una forza che si propaga, attraverso l’anima, anche al corpo lacerato da vesciche ai piedi e da dolori muscolari.

Per questo motivo, Enzo non molla, e cerca con tutte le forze di arrivare alla meta, tappa dopo tappa. Il percorso non è facile, e già dalla prima tappa, da San Jean Pied du Port a Roncisvalle, quando la salita sui Pirenei per raggiungere la Spagna sembra impossibile da superare, la tentazione di mollare tutto lo attanaglia, passo dopo passo. Ma una forza misteriosa sembra sospingerlo e iniettargli nuove energie per superare il primo grande ostacolo. Ne verranno altri ancora più pericolosi, eppure il pellegrino è ormai proiettato verso la meta ed è aiutato dall’energia che gli viene trasmessa dai suoi angeli custodi e dalle persone che da lontano lo seguono e pregano per lui.

Molti sono i suoi compaesani e amici che seguono l’impresa personale del peregrino attraverso la pagina facebook curata dal colonnello Salvatore Libertino, che ha voluto mettere la lente d’ingrandimento su un evento apparentemente normale, cioè un pellegrinaggio come tanti altri. Per Enzo però non è così normale.  Egli inizia il Cammino di Santiago portando con sé, insieme allo zaino pesantissimo, un diario e una penna sul quale annota, appena ha tempo, i dettagli che gli rimangono impressi di ogni tappa, di ogni luogo visitato, delle persone incontrate, delle esperienze fatte durante il percorso, degli albergues nei quali, quando riesce a trovare un posto libero, alloggia per riposarsi e dormire, dei volontari che incontra e che lo aiutano e curano le sue ferite fisiche.

Oltre al racconto di ogni tappa, nel diario sono presenti tantissime riflessioni che Enzo fa durante il tragitto che lo porterà verso la meta, Santiago. Infatti, nel percorso di ogni tappa avviene che i passi cadenzati e la solitudine conducano il pellegrino a confrontarsi con sé stesso, a riflettere sulla sua vita, ad analizzare attentamente ogni attimo della propria esistenza cercando di cogliere le ragioni di alcuni errori, alcune scelte; interrogandosi sul proprio amore, sui propri amici, sui nemici e sulla possibilità di perdonare. Sono tutte cose che, nella frenesia della vita contemporanea, molte volte non riusciamo a cogliere perché indaffarati e distratti da un mondo che corre intorno a noi sempre più veloce e non restiamo quasi mai in compagnia di noi stessi e della bellezza della natura che ci circonda. Il pellegrino (peregrinus=per ager= per i campi) vaga per le strade verso una meta che è l’arricchimento spirituale, il ritrovare sé stesso e l’incontrare Dio durante il percorso; una via che ci porta verso un miglioramento perché il cammino indica un’evoluzione non materiale.

Enzo Taccone, pellegrino tropeano, nella via che ha intrapreso per arrivare a Compostela, la cosiddetta “via Francigena”, ha avuto modo di riflettere profondamente su sé stesso, sulla sua vita, sui suoi sbagli, sulle cose belle e su quelle brutte, sull’amore perduto, sul rapporto con la figlia Jali e sulla nipotina Jasmine, sugli amici e sulle persone che, per usare un eufemismo, non lo amano e che lui non ama, sulla sua cittadina e su ciò che impedisce a questo splendido territorio di svilupparsi. Puntualmente annota ogni dettaglio di queste riflessioni nella sua agenda, liberandosi di un fardello molto più pesante del suo zaino a pieno carico, comunicando a sé stesso ciò che vuole cambiare, ammettendo i suoi sbagli, perdonando e pregando per tutti, anche per i nemici e per le persone che lo hanno deluso fortemente nel corso della sua vita. Enzo va alla ricerca dell’uomo nuovo, di un “sé stesso” rinnovato e fortificato nella consapevolezza di sentire la vicinanza di sua madre, di Mico, degli amici.

Una delle conclusioni a cui egli perviene è che la vera felicità è in Dio, il nostro Creatore, il nostro ultimo punto di arrivo nel cammino della vita. Enzo arriva alla meta, a Santiago, e poi a Finisterre. Ma questa non è che la prefigurazione della fine del nostro percorso di vita o di fede. Tutto ha inizio e si conclude in Dio. Il cammino dell’uomo su questa terra continua sempre, è incessante; perciò ognuno deve essere in cammino, sentire il dovere di migliorarsi costantemente, poiché non si è perfetti, di riscattare le proprie sconfitte. Ma, durante il tragitto, non bisogna scoraggiarsi per le ferite, anche profonde, dovute alle numerose cadute. Bisogna rialzarsi, tendere verso la meta e ringraziare Dio per ciò che ci ha donato.

Enzo ha iniziato il Cammino a pochi mesi dalla morte di sua madre e dopo una grandissima delusione d’amore, e con molte altre piaghe accumulatesi nell’animo nel corso degli anni. Ma egli stesso si definisce “un romantico ottimista” e più volte, durante il percorso, ripete a sé stesso l’esortazione a pensare a ciò che di bello ha ricevuto dalla vita nonostante abbia sofferto molto. Il Cammino prosegue e la commozione per essere arrivato a Santiago, nonostante i mille pericoli e gli ostacoli, è troppo forte tanto da farlo scoppiare in un pianto liberatorio di gioia. Sentirsi un uomo nuovo e arricchito nella fede e nello spirito fa sì che egli torni a Tropea desideroso di portare la sua testimonianza ai suoi amici e a tutti i cittadini affinché possa dare qualcosa in più a sé stesso e agli altri, e di non provare rancore verso nessuno.

La sua esperienza e la ricchezza d’animo che ha ricevuto dal Cammino sono ora a disposizione di tutti. Qualcuno, durante il percorso, gli consiglia di scrivere un libro. Enzo è indeciso, ha bisogno di raccogliersi e riflettere ancora, di riposarsi e di scrivere a freddo le sue impressioni per evitare di tralasciare alcuni elementi fondamentali. Dopo qualche mese, egli è pronto a raccogliere in un libro le sue memorie, i suoi consigli utili per chi intendesse intraprendere l’esperienza del Cammino, le riflessioni e i ringraziamenti finali a tutte le persone che gli sono state vicine. In questo libro, in cui Enzo mette a nudo la sua esistenza, si racconta, svela i suoi pensieri e le sue debolezze. Dalla lettura attenta ed immedesimata nello spirito dell’autore, emergerà chiaro il processo di catarsi, di purificazione interiore che il Cammino, nella sua più pura essenza, stimola fino al raggiungimento della meta che non è un arrivo definitivo, ma rappresenta una nuova partenza… Buon Cammino!

Francesco Apriceno

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