Il ricordo…

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Lauretta Pugliese
Lauretta Pugliese

Due anni fa, a causa di un ipotizzato caso di malasanità, il decesso di Lauretta Pugliese: donna, moglie, figlia, calabrese, ma soprattutto mamma. Madre esemplare che ha saputo dare ai suoi figli, Annalisa e Domenico, un’educazione che verrebbe comunemente definita “d’altri tempi”, così utile se non necessaria per affrontare questi tempi. Un’educazione che ha avuto il suo fulcro nel rigore, temperato dalla bonomia, arricchita dalla coerenza, contaminata da una relazione valoriale semplice e profonda al contempo. Ma la più importante sua eredità è il sorriso che accomuna i due giovani. Un sorriso aperto al mondo per affrontare con dignità ogni difficoltà. Un sorriso rivelatore di un modo d’essere che illumina i propri sentimenti con la luce di un affetto intenso, capace di rinnovarsi giorno dopo giorno. Un sorriso che non può assorbire del tutto il dolore, ma che contribuisce a renderlo infinitamente umano. Un sorriso che consente al cuore di gettarsi oltre l’ostacolo delle difficoltà tangibili e di guardare al futuro in una prospettiva di speranza (nonostante tutto). Un sorriso che incide sulla sfera del ricordo e culla la dolcezza di attimi, sensazioni ed episodi scanditi dalla tenerezza. Un sorriso che sa di apertura al mondo e non intende rinunciare ai propri diritti, specie a quelli naturali. Un sorriso che reca in sé la misericordia cristiana. Un sorriso che esprime amicizia e che si connota per la sua immediatezza comunicativa. Tutto ciò, però, non attenua quel senso di vuoto che si percepisce in ogni angolo della casa che fu e rimane di Lauretta Pugliese. Un vuoto fisico che come il fegato di Prometeo si rigenera quotidianamente e diventa preda del rapace dolore. Ma insieme al patimento si rivitalizza anche il coraggio che si traduce nella pervicace volontà di costruire un futuro sulle solide basi dell’operosità e di una sapiente intelligenza. Un coraggio che affonda le sue radici in una “calabresità” austera e mite, orgogliosa e paziente. Lauretta Pugliese ha affrontato l’imprevista ultima fase della sua vita con la consueta forza d’animo; una virtù che ha saputo trasmettere a tutta la sua famiglia. Nel volto del marito, Michele Fusca, la traccia della sofferenza è profonda, sebbene vissuta con silenzioso contegno. Nel padre Antonio e nella madre Elisabetta Furchì la luce della letizia si è offuscata per sempre. La loro tempra rimane comunque quella di due querce, piegate da un evento imprevisto ma fiere di ciò che continuano a proteggere sotto l’ombra del loro cuore. Per i fratelli Nicola e Girolamo e per la sorella Rossella, Lauretta (sorella maggiore) è l’afflato che continua a segnare le loro coscienze. La ricorrenza del 12 ottobre, però, offre linfa alla tristezza. Così come quella del santo Natale o dei solenni festeggiamenti in onore della Madonna del Carmelo. Anche un esame universitario superato da Annalisa o Domenico non è più vissuto nella pienezza della serenità. L’inquietudine mai del tutto debellata. Da ventiquattro mesi, lo spirito che alberga nella casa di Lauretta Pugliese è inevitabilmente cambiato. Si cerca una “normalità” che non potrà essere ritrovata nella sua originaria dimensione. Il ricordo non trascura occasione di rivitalizzarsi e con esso una lancinante sofferenza morale. Il senso dell’ingiustizia per un destino avaro di gioia prende il sopravvento. Lo stesso incedere per le vie di Caria, da parte dei familiari e degli amici, reca in sé una nostalgia struggente, a volte celata con rassegnazione, altre espressa con tangibile tormento. Eppure c’è qualcosa che consente di andare avanti: la forza dell’amore. Un qualcosa che non è astratto o relegato alla sfera interiore, ma che invece interessa i gesti ordinari, gli eloquenti silenzi, i sorrisi… dove attraverso un misterioso sfolgorio si riflette la reciproca permanente adorazione. Quella di chi non c’è più mediante gli insegnamenti, i ricordi e le gioie donate con generosa amorevolezza. Quella di chi abita le stanze del quotidiano con la forza del pensiero costante e caloroso. Quando tutto diventa cenere, qualcosa, grazie all’amore, continua ad esistere. Il mistero della morte, allora, deve piegarsi a uno più grande: quello della vita!

Corrado L’Andolina

Pubblicato su L’Ora della Calabria il 12 ottobre 2013, p. 29

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