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A ciascuno il suo!

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Ci è capitato di leggere sulla pagina facebook del gruppo di minoranza “Insieme per il futuro” alcune considerazioni, riconducibili all’ultima seduta di C.C. (v. allegato 1 – CLICCA QUI), che a nostro giudizio traggono alimento da un modo del tutto originale di concepire:

  • le modalità convocazione e di svolgimento delle sedute del Consiglio comunale;
  • i principi di trasparenza e partecipazione democratica;
  • i canoni di coerenza e buona fede.

Ci scusiamo con gli amici del gruppo di minoranza se rendiamo noto il nostro punto di vista in merito avvalendoci di un mezzo diverso da quello da loro utilizzato, ma riteniamo che le discussioni politiche vadano sviluppate in contesti che ne assicurino la massima pubblicità; e, sotto tale aspetto, ci pare che questo seguitissimo blog risponda meglio all’esigenza di raggiungere una platea più vasta di cittadini di quanto non riesca a fare il profilo di un gruppo politico su un social network.

Ciò detto, con la speranza di riuscire ad essere quanto più concisi possibile, cerchiamo di analizzare punto per punto:

  • Una minoranza che annovera tra i propri ranghi oltre un quarto dei componenti del civico consesso forse farebbe bene a non limitarsi a “credere e sperare” che vengano trattati, sia pure tra le righe, argomenti non ricompresi nell’o.d.g. (sarebbe pratica illegittima!); avendo i numeri per chiedere la convocazione di apposite sedute di consiglio, sarebbe il caso che non giocasse a nascondino e si assumesse davvero le responsabilità connesse al ruolo disimpegnato (che non si riducono certo al comodo gesto di lanciare sassi nello stagno per attenderne gli effetti sperati e poi … ci siamo capiti!).
  • Su un piano rigorosamente obiettivo, hanno certamente ragione quelli del gruppo di minoranza quando denunciano la latitanza di un trasparente dibattito su argomenti di fondamentale importanza, quali il dissesto idrogeologico e (soprattutto, visto lo stato dell’arte in materia) le opere di collettamento dei reflui urbani; non possiamo, invece, non rilevare un atteggiamento psichico ispirato a mala fede nel momento in cui si tenta capziosamente di far passare il messaggio che siamo di fronte a una novità degli ultimi dieci mesi, quando in realtà l’ignobile reticenza perdura dall’anno 2011. Sotto l’aspetto dell’invocata trasparenza in materia di grandi opere, ci limitiamo solo a dire en passant che ragioni di “opportunità” dovrebbero sconsigliare all’attuale minoranza di sollecitare discussioni approfondite e pubbliche (a nostro giudizio, beninteso, più che necessarie) su tali argomenti, sia perché quando era maggioranza si è più volte sottratta a questo tipo di richieste, sia perché troppe sono le cose che dovrebbe spiegare ai cittadini. Per quanto, invece, riguarda l’ulteriore principio della partecipazione democratica (circa la valorizzazione del quale, tuttavia, anche l’attuale maggioranza sta accumulando ritardi non più giustificabili), ad indurli ad astenersi dal solo citarlo dovrebbero essere valutazioni che – prima ancora che con quello già richiamato di opportunità – hanno a che fare con il concetto stesso di decenza: chi frequenta questo blog sa di cosa parliamo!
  • Non ci attardiamo in questa sede in disquisizioni circa la fondatezza o meno dei rilievi mossi dal gruppo di minoranza in ordine all’asserito contrasto tra alcune prescrizioni del regolamento sul funzionamento del C.C. appena approvato e lo Statuto (contrasto superabile – e superato, laddove è stato ritenuto effettivamente sussistente – con la semplice approvazione di proposte emendative e non con immotivate e strumentali richieste di rinvio). Riteniamo sufficiente ricordare che – se non abbiamo malamente inteso, diversamente ce ne scusiamo – l’atto normativo approvato pochi giorni fa, prima di venire emendato ricalcava pedissequamente, almeno in alcune delle parti oggetto di denuncia di illegittimità, quello a suo tempo predisposto dalla vecchia maggioranza (attuale minoranza!). Di quest’ultimo testo, portato all’attenzione del C.C. nella seduta del 28 09 2012, e motivo di roventi polemiche a cagione della brutale illiberalità di alcune sue disposizioni (tra l’altro ictu oculi illegittime) in tema di accesso alle informazioni e ai documenti amministrativi da parte dei consiglieri comunali, ragione per la quale si è saggiamente deciso di rinviarne la trattazione, si erano poi perse le tracce. Fallito il tentativo di mettere la museruola ai consiglieri (di maggioranza, tra l’altro!) non allineati al verbo pagghjaloresco, sono venute meno anche le sbandierate (e fondate) ragioni dell’urgenza di approvare un regolamento che andasse a sostituire quello vigente, ormai troppo datato (giova ribadire che anche il testo poi caduto nel dimenticatoio prevedeva la figura del Presidente del consiglio, oggi strumentalmente considerata superflua dalla minoranza).

Che la figura del Presidente del Consiglio comunale non sia obbligatoria per il nostro comune è un falso clamoroso; diciamo clamoroso in quanto promanante da chi di tale obbligatorietà è stato artefice con l’inserimento nello Statuto comunale dell’art. 9 bis – avvenuto con deliberazione C.C. n. 2 del 24/02/2011 (v. all. 2 – CLICCA QUI) – il cui tenore letterale in merito non lascia spazio a dubbio alcuno. Solo che la precedente maggioranza, dopo aver istituito l’obbligo per il Comune di dotarsi di una simile figura, non è stata capace – per le ragioni sopra esplicitate – di approvare lo strumento normativo (il regolamento, appunto) che ne disciplinasse le modalità di elezione e di revoca. Tale mancanza (ascrivibile, repetita iuvant, a quella stessa vecchia maggioranza che oggi, nelle nuove vesti, si dimena per nulla) ha reso, all’evidenza, impossibile procedere a norma dello stesso art. 9 bis, che prevede che l’elezione del Presidente del Consiglio e del suo vicario avvenga – nella fisiologia del sistema – nella prima seduta consiliare successiva alle elezioni, subito dopo la convalida degli eletti. Dunque, all’obbligo di eleggere il Presidente del Consiglio e il suo vicario si è adempiuto non appena si sono create le condizioni necessarie per renderlo effettivamente vincolante; condizioni non sussistenti – causa ingiustificata condotta omissiva della vecchia maggioranza – alla data in cui si è tenuta la prima adunanza successiva alle elezioni del maggio 2014.

Fatta questa precisazione (su tale punto, tuttavia, non escludiamo di ritornare, se necessario, con maggiore ricchezza di argomentazioni), saremmo profondamente grati ai rappresentanti del gruppo di minoranza se ci potessero indicare il criterio obiettivo alla stregua del quale ritengono di poter stabilire che il riassetto di cariche realizzato di recente all’interno dell’Amministrazione comunale (elezione Presidente del Consiglio e avvicendamento nella carica di assessore al fine di rispettare il principio di rappresentanza di genere in seno all’organo esecutivo) si risolva in “uno strano valzer di poltrone” che “sembra derivare dalla volontà di accomodare certi accordi pre-elettorali e ricompattare un gruppo che, proprio per problemi legati al “pennacchio”, stava già iniziando a dare segni di cedimento”, mentre quello avvenuto nel febbraio 2012 all’interno della vecchia maggioranza poté essere salutato come operazione democratica volta a consentire una partecipazione più allargata alla gestione della cosa pubblica, nel contesto della quale ci si disse anche orgogliosi “dell’aumento delle quote rosa” in seno alla compagine amministrativa.

In mancanza di un simile criterio discretivo, saremmo indotti a concludere che quella della minoranza è solo un’opinione; legittima, certo! ma non di più di una di segno opposto, anche in considerazione del fatto che gli unici due elementi di reale differenza tra le due situazioni richiamate, caratterizzanti entrambi la vicenda del 2012 (e cioè: 1. dimissioni dalla carica di consigliere – non di assessore, si badi bene! – al solo fine di far subentrare il primo dei non eletti, con conseguente tradimento del principio della rappresentatività politica; 2. necessità di apportare modifiche statutarie finalizzate a superare limiti imposti da vincoli di parentela altrimenti ostativi all’avvicendamento in una carica assessorile), non sembrano ridondare a vantaggio della prima.

*****

Prima di chiudere la presente riflessione, ci siano consentite alcune considerazioni sul ruolo di “vittima sacrificale” che, a giudizio del gruppo di opposizione, Antonio Rizzo sarebbe venuto a rivestire per effetto di “queste logiche”. Intanto, ci piace sottolineare l’atteggiamento sotto un certo aspetto cavalleresco della minoranza nei confronti dell’ex assessore, al quale sono state riconosciute doti di umiltà e spirito di servizio (non attaccamento alla poltrona), anche se non riusciamo a liberarci completamente dal retropensiero che queste attestazioni di stima (che riteniamo comunque sincere) non siano del tutto monde dall’intento di evidenziare come invece sia la maggioranza a non essere stata particolarmente corretta con il proprio esponente (obiettivo legittimo e politicamente non censurabile, sia chiaro).

Nelle pieghe dell’intervento della minoranza pare infatti si voglia adombrare una sorta di progettata defenestrazione dell’assessore Rizzo, perché a qualcuno così sarebbe piaciuto. Noi non escludiamo che qualche macchinazione in tal senso possa essere stata imbastita da taluno e magari assecondata da altri; ed è sicuro che la vicenda sia stata gestita malissimo, senza che si facessero quei passaggi politici che in altre circostanze sono stati ritenuti invece necessari. È parimenti vero, però, che Antonio Rizzo – e ne costituisce nitida prova la sua storia politica e personale – non è uomo che si lasci imporre alcunché da chicchessia: le dimissioni sono il frutto di una sua valutazione assolutamente autonoma!

Ne abbiamo parlato con l’interessato successivamente all’assunzione della decisione e ci è parso di capire che i motivi che lo hanno spinto a lasciare – sia pure a malincuore, come con grande onestà ha ammesso lo stesso Rizzo nella seduta consiliare di presa d’atto delle dimissioni – siano così riassumibili:

  • di fronte ad un parere del Ministero dell’Interno che ritiene vincolante il principio del riequilibrio della rappresentanza di genere anche in sede di composizione delle giunte dei comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti, il dovere di un assessore che faccia parte di un collegio la cui fisionomia non sia coerente con detto principio è quello di presentare le dimissioni, traendo d’impaccio il Sindaco (d’altra parte, proprio così è stato motivato l’atto di dimissioni);
  • tale dovere, per chi pratica – non solo a parole – i valori della legalità e del rispetto delle istituzioni, sussiste anche quando si è persuasi che il parere sia fondato su valutazioni tutt’altro che convincenti e risulti ispirato, più che da robuste argomentazioni giuridiche, alla preoccupazione di apparire politically correct;
  • Il dovere esiste finanche quando il parere non è vincolante (non adeguandosi ad un parere che comunque è stato espressamente richiesto si finisce col fare una figura non esattamente lusinghiera).

A queste dignitosissime valutazioni, noi aggiungiamo provocatoriamente che il dovere a nostro avviso sussiste anche in un milieu dove ciascuno degli altri si ritiene libero di fare quel cazzo che gli pare (ci si perdoni l’espressione da trivio, ma è quella che meglio rende l’idea!), tanto è vero che il principio del riequilibrio della rappresentanza di genere è stato bellamente ignorato sia dal Consiglio provinciale di Vibo Valentia (composto di soli uomini), sia dalle giunte di altri comuni della provincia (composte di sole donne o di soli uomini); aggiungiamo ancora che questo dovere dovrebbe, vivaddio, sussistere anche e soprattutto nei confronti di chi ha insistito sulla necessità di richiedere il parere, pur essendo quest’ultimo non obbligatorio ancor prima che non vincolante.

Sulla base delle considerazioni che precedono ci pare evidente che se il consigliere Antonio Rizzo avesse voluto puntare i piedi oggi ricoprirebbe ancora la carica di assessore comunale; riteniamo, tuttavia, che l’esponente di maggioranza abbia agito per il meglio e se, da un lato, ci rattrista la constatazione che l’organo esecutivo abbia dovuto privarsi di un validissimo elemento (ma pure chi è subentrato lo è), dall’altro, ci conforta la prospettiva che l’amico Antonio, libero da incombenze di governo in senso stretto, avrà certamente più tempo a disposizione e maggiore libertà di manovra nel perseguire l’obiettivo (avvicinare l’amministrazione ai cittadini, adoperandosi per dare piena attuazione ai principi di legalità, trasparenza amministrativa e partecipazione democratica) che da sempre ne caratterizza l’impegno politico e che lo ha portato ad essere il leader di un consistente gruppo di cittadini che ne condividono gli orientamenti, col quale oggi tutti debbono, in un modo o nell’altro, misurarsi.

Siamo sicuri che il Sindaco, che è indubitabilmente persona perbene, acquisendo maggiore esperienza eviterà di ripetere certi errori e imparerà a dare il giusto peso a consigli non sempre disinteressati.

                                                                             Comitato Civico “Impegno Sociale”     

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