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La recente opera di mons. Filippo Ramondino

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Filippo Ramondino, Pastorale sociale dei vescovi in Calabria – dalla Rerum Novarum agli inizi del Vaticano II, Adhoc edizioni, Vibo Valentia 2019, pp.  638

La recente opera di mons. Filippo Ramondino, archivista della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea e docente presso l’Istituto Teologico S. Pio X di Catanzaro ci permette di avere un mezzo insostituibile per chi volesse conoscere o approfondire un contesto storico (1891-1962) e non solo ecclesiale della Calabria  che, apparentemente sembra lontano, quasi estraneo ai nostri giorni e che invece è di estrema attualità.

L’azione dei vescovi d’altronde, per essere, fedele a Cristo buon Pastore non può che essere un servizio a rendere la dignità dell’uomo e del credente alla luce del Vangelo, nel contesto storico-culturale-economico-sociale in cui vive per renderlo cosciente e responsabile del presente come del proprio futuro.

Le epoche storiche di trasformazione del periodo trattato sono vaste e vanno affrontate con l’aiuto e il confronto di tutti quegli studi di altro genere che ci permettono di coglierne la portata, la criticità come anche le premesse di tutte quelle acquisizioni che hanno permesso alle nostre comunità ecclesiali come anche alla società civile, di prendere coscienza della propria identità, come anche delle risposte necessarie da fare ai vari problemi.

E’ vero anche che, alcuni tempi trattati dal Ramondino: la precarietà, sfiducia, lassismo, povertà del popolo in un contesto caratterizzato dall’arretratezza sociale e culturale, dall’ignoranza generale della dottrina religiosa, dall’indisciplina del clero, dalla tendenza all’esteriorità del culto, la violenza organizzata, la prevaricazione dei diritti degli onesti non solo sono attuali,  ma non sono del tutto superati. Anzi in certi contesti e alla luce dei recenti dati economici che relegano la nostra Regione in fondo alle classifiche per le prospettive e la qualità di vita, le carenze dell’assistenza sanitaria, la mancanza di opportunità lavorative degne di tale nome, la fuga verso il nord Italia e l’estero delle fasce di popolazione più giovane fino ai 35 anni ci mettono di fronte a una triste realtà che sembra non prospettare nessun aspetto positivo.

La questione meridionale sembra non interessare nessun potere decisionale e, cosa ancora più grave, è scomparsa anche dall’agenda ecclesiale italiana, inoltre la mancanza di solidarietà tra le regioni del centro-nord Italia più ricche e quelle meridionali più povere, in prospettiva anche dell’attuazione del regionalismo fiscale non ci permettono di essere sereni.

Una delle chiavi di lettura indispensabile, senza la quale ogni discorso risulta inutile, dalla poderosa documentazione del libro che sembra emergere, è la tardiva attenzione verso la formazione del laicato cattolico rappresentato più dalle confraternite che da movimenti e aggregazioni che, al di là del ritualismo religioso e delle opere caritative, potessero incidere nei processi vitali della Chiesa e della Società civile. La loro mobilitazione si è avuta in occasioni particolari, quali eventi calamitosi o nelle elezioni del 1948.

Come è vero che realtà quali la Massoneria, la ‘ndrangheta, la laicizzazione della famiglia e della società non hanno potuto essere contrastate nella maniera dovuta, propria a causa della mancanza di un laicato cattolico formato e capace di potere incidere nella vita e nella formazione ad una cittadinanza attiva.

Gli interventi dei vescovi calabresi con le lettere collettive sociali ed ecclesiali quali la viabilità, l’igiene e le abitazioni, le epidemie, l’analfabetismo, le opere socio-assistenziali le banche popolari-cooperative e casse rurali, i terremoti e i problemi della ricostruzione sembrano essere occasionali e, purtroppo, non sempre hanno ottenuto i frutti sperati,  soprattutto nella prospettiva dell’incidenza nella vita concreta delle persone e dei territori.

Uno dei meriti dell’opera è quella che ci permette di conoscere tanti  “testimoni di vita e profeti di speranza”. Si tratta di vescovi, consacrati, laici che in diverse epoche e contesti hanno saputo rendere “la parola chiarificatrice del Vangelo (che) è urgenza sempre d’ogni tempo”. Soprattutto per recuperare la dimensione comunitaria della fede e dell’impegno sociale come parte integrante della nuova evengelizzazione che possa rappresentare una vera liberazione da ogni forma di condizionamento e paura e per mostrare il volto bello e buono della Calabria e dei calabresi.

“La vera rivoluzione che può cambiare la storia del mondo e dell’uomo”, afferma Benedetto XVI “è il Vangelo”. Guardiamo ad esso se vogliamo cambiare e convertire la nostra vita, la fede e le nostre opere.

Grazie a don Filippo, per il suo impegno e auguriamo che l’opera possa essere conosciuta e valorizzata perché conoscendo il passato, possiamo costruire il futuro.

padre Giovanni Calcara o.p.

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