Il libro di Saro Rotolo secondo Andrea Runco

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Lo specchietto retrovisore

di Rotolo Rosario

Riflessioni di Andrea Runco

Credo che l’amico Rosario sia uno dei pochi che positivamente hanno sfruttato l’isolamento pandemico, per fare una minuziosa introspezione, al fine di ripristinare quella parte di ricordi della sua giovinezza che erano già evanescenti e stavano per divenire addirittura labili. Quindi, con la tenacia e la cultura che gli sono consone, ha intessuto la dottissima opera dal titolo: “Lo specchietto retrovisore”, che allusivamente ha il pregio di funzionare come la macchina del tempo, per richiamare al presente tutte le vicende e le sensazioni che lo hanno accompagnato fin dall’età della ragione e che ora porge a noi rendendoci partecipi delle medesime, così magistralmente narrate.  

L’avvincente Racconto sembra scaturire da un diario misterioso, in cui di oscuro non c’è proprio niente, se non la pura e semplice realtà di cui si è cibato non solo lui, ma anche la quasi totalità dei ragazzi nati nel periodo compreso tra l’immediato dopoguerra e i primissimi anni sessanta, ovvero fin quando il fenomeno dell’emigrazione non cessò di dissanguare la società del sud Italia che, a beneficio di altre regioni, cedette forze lavoro fresche e in pieno vigore. Tutto ciò, anche se dilazionato nel tempo, per i soggetti parte attiva di questo meccanismo si è tramutato in ricordi quasi sempre indelebilmente stampati nella memoria, che ancora oggi si rinnovano ad ogni arrivo o partenza, come quegli scampoli di sole che da tempo immemore hanno caratterizzato il nostro territorio, generando delle cicatrici così profonde che non rimargineranno mai.

Egli, inanellando le varie parti del discorso ad un ideale filo conduttore, ci restituisce una verità che ha segnato quanti di noi, per necessità sono stati indotti a maturare precocemente ed uscire dal nucleo familiare di appartenenza, per imboccare la strada che ci avrebbe proiettato in un mondo sconosciuto, tutto da scoprire con occhi vigili e cuore in ansia per ciò che di imponderabile poteva capitarci.

Saro richiama la nostra attenzione sugli effetti formativi che producevano i saggi consigli datici da genitori e nonni, inerenti le scelte più idonee a ciò che intendevamo fare da adulti, ed anche per gli amici che veramente tali  si potevano rivelare per il futuro, con i quali condividevamo i pochi giocattoli di quel tempo, quando ancora non era stata scoperta la plastica e, possedere una sola macchinina fatta di lamiera, se ceduta ad un compagno, da come l’usava o le teneva cura si poteva capire il carattere dell’amico.

Non mancano le descrizioni di tanti quadretti di vita paesana, non stantia, ma vivace e a misura di quel tipo di umanità. Fatta di donne che nel mentre tornavano dalla campagna, spesso allattavano un pargolo tra le braccia e con la cesta in equilibrio sul capo, piena di speranza e povere cose, il tutto governato da un’arcana bellezza, dava origine a singolari icone senza tempo rimaste ancor palpitanti nella memoria. Allo stesso modo si può interpretare la presenza maschile che alla guida di carri, per lo più trainati da mucche già sfiancate per il lavoro, con quel mezzo si sentivano d’essere i dominatori di un mondo fantastico.

Con un pizzico di nostalgia per la semplicità, ci rammenta anche la famosa serenata alla fidanzata e la frenetica preparazione del banchetto nuziale che si svolgeva in casa, dove non si negava mai un piatto di pasta a nessuno, neppure a quelli che non erano stati invitati.

L’autore menziona anche i vari mestieri che si svolgevano in paese, ricordando le stanzucce messe alla meno peggio e magari a piano terra, in cui i maestri d’arte circondati da tanti discepoli, con l’operosità idonea al caso, cercavano di raggiungere la più alta qualità possibile del manufatto finito.

A questi, si affiancavano nel borgo anche i pochi operatori del commercio, che ciclicamente diventavano più numerosi in occasione della fiera di Mesiano e per i festeggiamenti della santa patrona, durante i quali, tra i numerosi svaghi, ad opera dei fratelli Rascaglia di Nicotera, per alcune sere venivano proiettati dei film in piazza, o in posti idonei al dispiegamento del lenzuolo avente funzione di schermo, sul quale, immancabilmente prima della pellicola della serata, per la gioia dei bambini, si dava il via con i famosi film luce, di Stan Laurel e Oliver Hardy, oppure quelle di Buster Keaton e di Charlie Chaplin, che andava in giro roteando quel bastone come fosse l’unica arma che i poveri come lui potevano avere contro il destino e ogni tipo di tirannia. Ciò lo dimostrava con quella mimica del corpo, unica nel suo genere, che lo faceva apparire trasognato, disorientato, ed allo stesso tempo pensoso da farlo sembrare un enigma vivente.

Al ricordo dei carabinieri a cavallo che nei primi anni sessanta erano di stanza presso la locale caserma, aggiungo che a volte i due militi di cui uno montava un morello altissimo dal pelo lucido e l’altro, un sauro che non era di meno, si facevano vedere spesso anche nelle frazioni del comune e quando erano al galoppo, con quelle narici fumanti sembravano draghi e non comuni cavalli.

Non manca di ricordare con freschezza di immagini il territorio che circondava il paese e la peculiarità di alcuni posti che meritavano di essere visitati, rimasti miracolosamente uguali anche a distanza di tanti anni, tranne alcuni, come la grotta di Santa Cristina, dove l’intervento dell’uomo ha profanato e stravolto  la naturale bellezza e quell’alone di mistero che la caratterizzava.  

Nè dimentica i giochi che si facevano tra bambini, specialmente quelli svolti con l’ausilio del pallone che da sempre ha coinvolto anche i più restii a prenderne parte. A tal proposito riporta l’aneddoto del piccolo elicottero che ha visto atterrare e decollare da un vicino spiazzo adiacente al campo di calcio. Posso confermare che quel temerario che si avventurava con siffatto velivolo, denominato: “Autogiro”, era “Peppino Rascaglia” di Nicotera mio amico e collega di lavoro tuttofare, che in tempi non sospetti mi disse di quell’improvvisata fatta a quei ragazzi. Nel nostro territorio, sicuramente egli è stato il precursore che ha osato librarsi nell’aria con quel mezzo. A distanza di molti anni, altri giovani l’hanno seguito dando origine ad un campo volo con sede in una località pianeggiante tra i comuni di Rombiolo e Spilinga.

Per l’attaccamento che Saro ha sempre avuto per lo sport, e in particolare, la predilizione del ciclismo, utopisticamente si augura che si costruiscano delle piste ciclabili come al nord Italia, pur sapendo che il modo d’intendere del meridionale medio non è in funzione di una socialità diffusa e coesa per il bene fisico e morale di tutti e che per giunta in ordine d’importanza, specialmente nella sanità necessiterebbero strutture idonee per non fare più i famosi viaggi della speranza che tanto ci sconfortano.

L’autore ci dice pure che aveva iniziato ad interessarsi alla musica sotto l’aspetto ludico, ma quando si è reso conto che serviva un approccio diverso per potersi svagare, condizione necessaria per ogni componente la band, tutti insieme si sono impegnati per raggiungere una preparazione tale da potersi divertire veramente, suonando con una certa affidabilità.

Crescendo, egli ha scelto un ramo di studi impegnativo, ostico agli inizi, ma poi rivelatosi propedeutico per il prosieguo universitario, concluso con la tanto sudata laurea in giurisprudenza, che dopo non poche difficoltà, gli ha permesso di accedere al lavoro forense ed all’insegnamento, svolgendoli entrambi in maniera lodevole.

Nel primo cercando di sconfiggere le gelosie del mestiere, le rivalità e la poca disponibilità dei titolari degli studi professionali a che il tirocinante apprendesse metodo e scorciatoie conformi alla legalità per la buona riuscita della prestazione.

Nell’altro, ha cercato di immedesimarsi negli allievi, per scoprire le vere difficoltà e suggerire loro il metodo e le condizioni migliori per studiare proficuamente.  

In una tornata elettorale, gli è pure capitato di candidarsi quale rappresentante del popolo, nella speranza di apportare il suo contributo alla legalità, ponendo lo stop a possibile corruzione in alcuni apparati pubblici, ed allo stesso tempo cercare di limitare l’inesistente attaccamento al lavoro, degli addetti ai  vari servizi. Ma all’abnegazione con cui avrebbe sicuramente assolto il suo compito altruista, sono state tarpate le ali proprio sul nascere, perchè tante persone credute amici sinceri, gli hanno voltato le spalle diventando franchi tiratori per mero opportunismo.

Con questa sua disamina, l’amico Saro, non volendo ha focalizzato al microscopio non solo gli accadimenti del suo vissuto, ma allo stesso tempo tante di quelle situazioni che nel loro insieme hanno costituito e costituiscono tuttoggi la questione meridionale, capillarmente diffusa, stante l’apatia e l’immobilismo dello stato centrale che ha occhi magnetici come la bussola, rivolti unicamente verso il nord, dove i soldi prolificano, mentre le regioni del sud restano impigliate in un velo di indifferenza imposto e forse anche voluto.

Inoltre, egli constata che la società moderna si è adagiata all’idea di apparire e non ad essere. Infatti, nell’economia delle famiglie in cui sono presenti giovani che spesso non studiano, né lavorano, l’uso del telefonino e il vestire hanno raggiunto un costo non trascurabile. Il primo, più che danno economico, produce apatia nei confronti del prossimo e distanza relazionale tra gli individui, a partire dai componenti del nucleo di appartenenza.

Il secondo è la vaga speranza che per il vestire eccentrico o l’avere tanti tatuaggi, qualcuno si accorga di loro e li catapulti nel cast di un programma televisivo, dove specialmente le donne più che vestite, possono definirsi nude, mezzuccio usato per diventare la velina di turno, usata e sfruttata, forse per poco tempo e poi accantonata per la bellona che improvvisamente irrompe nell’ambiente catalizzando l’attenzione di tutti.

Comunque, caro amico, noi siamo sicuramente una delle ultime generazioni che hanno vissuto gradatamente il passaggio dalla povertà all’avere un pezzo di pane certamente sudato, ma dato che la gioventù ormai si è quasi completamente uniformata a questi nuovi stili di dipendenze che non necessariamente sono sempre sostanze allucinogene, non riesce più a ragionare, se non guidata da quattro furboni che vivono a discapito dei più fessi. E visto che hai tirato in ballo la modernità, colgo l’occasione per chiedere ai numerosi fruitori che si accingeranno a leggere questo libro, di riflettere un momento  su questa nuova professione che va tanto di moda e cioè: “Influencer”. Io non voglio credere che chi la esercita pensa che siamo tutti deficienti, perché nella normalità, se una persona ragiona compiutamente, semmai deve fare delle compere e ne ha la possibilità, lo fa per necessità e per convinzione, senza avere bisogno del consiglio di qualcuno per decidersi e, per il probabile suggerimento di quest’ultimo, concorrere ad incrementare ulteriormente il prezzo, già imposto dalla filiera.

Inoltre, in una società in cui tutti aspirano ad essere cantante, attore, velina… chi farà il panettiere, il muratore, il contadino?

Spero vivamente che non succeda, ma non vorrei che all’ultimo l’umanità si dovesse estinguere per cannibalismo, oppure finire vaporizzata da qualche bomba nucleare che un probabile despota di turno, assuefatto da sostanze che gli fanno vedere il paradiso, opta di farlo godere anche a chi gli sta intorno.

Di quanto hai narrato, anche se con qualche leggera variante io ne sono testimone fedele, e intendo dire a tutti coloro che hanno fatto parte del periodo storico sopra menzionato, che ogni fotogramma o citazione in esame ci appartengono, perché sono quelle cose che la maggior parte di chi ha vissuto quel tempo non ha certo potuto dimenticare integralmente, ed ora grazie a te, ci ritornano visibili sullo specchio della memoria, ed ognuno, autonomamente può fare un bilancio della sua vita e delle non poche difficoltà che ha dovuto superare per non soccombere

Pertanto raccomando vivamente a chiunque la lettura di questo volume e in particolar modo a quelli che avendo l’età indicata ed hanno smarrito qualche fotogramma dei loro ricordi, nel leggerne il contenuto potranno recuperare il film completo della propria gioventù, col ritorno in mente di quelle immagini, simili ad affreschi limpidi e dalle tinte ancora vivaci, dovute alla potenza rievocativa delle descrizioni così immediate, semplici e dotte allo stesso tempo, che ne fanno di quest’opera un importante documento di testimonianza storica di un’epoca vissuta in questo sud, che non sembra trovare quel filo di Arianna, per uscire definitivamente alla luce in tutta la sua potenzialità.

Grazie Saro per il tuo contributo al sapere.

Andrea Runco

Per acquistare il libro avete diverse possibilità.

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MarioVallone

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