Brattirò 1864. Omicidio tra fratelli

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Libro “Brattirò e la sua storia. Aneddoti, fatti, misfatti” di Pasquale Vallone (Thoth Edizioni – oggi Mario Vallone Editore – 2012).

Extract:

  • OMICIDIO TRA FRATELLI – FIGLI DI MATALENA – ANNO 1864

Alfonso Rombolà, figlio di Antonio, detto Matalena, nacque nel 1819.

Di lui riportiamo l’Atto di Nascita.

Atto di Nascita

Numero d’ordine  22

L’anno mille ottocento diciannove al di dieci del mese di dicembre, avanti a noi Domenico Saragò Sindaco ed Uffiziale dello stato civile del comune di Drapia, Provincia di Calabria, Distretto di Monteleone, è comparso Antonio Rombolà, di anni trentatre, di professione bracciale, domiciliato in Brattirò, ed ha dichiarato, che il giorno indicato, all’ora venti, è nato nella sua propria casa da lui dichiarante e Domenica Di Costa sua moglie legittima di anni ventotto un maschio che ci ha presentato, cui è stato dato il nome di Alfonso Pasquale Francesco. La presentazione e dichiarazione si è fatta alla presenza di Concetto Pugliese di anni quaranta di professione vaticale, domiciliato in Brattirò e di Michele Catanzaro di anni cinquanta di professione vaticale, domiciliato in Brattirò. Il presente atto è stato letto tanto al dichiarante, che ai testimoni, ed indi firmato da noi.

Data del Battesimo.

Non risulta battezato.

Firmato Domenico Saragò .  Sindaco

Francesco Rombolà, fratello di Alfonso, nacque nel 1825

Trascriviamo il suo Atto di Nascita

Esercizio 1825

Distretto di Monteleone

Comune di Drapia

Brattirò
Atti di Nascita

N° 2   Ordine  4

 

+  Segno di croce del Rombolà dichiarante

+  Segno di croce Concetto Pugliese, testimonio

+  Segno di croce Antonio Soriano, testimonio

Ed Uffiziale dello Stato Civile

 

DATA DEL BATTESIMO

N° d’ordine  1

L’anno mille ottocento venticinque, il di otto del mese di marzo, il parroco di Brattirò ci ha restituito nel di otto del mese di marzo anno mille ottocento venticinque il notamento, che noi gli abbiamo rimesso nel giorno otto del mese di marzo, anno 1825 del contro scritto atto di nascita, in piè del quale ha indicato, che il Sacramento del battesimo è stato amministrato a otto del mese di marzo anno 1825. In virtù di un tale notamento, dopo di averlo cifrato, abbiamo disposto che fosse conservato nel volume dei lamenti nel foglio. Abbiamo inoltre accusato al parroco la ricezione del medesimo, ed abbiamo firmato il presente atto, che è stato iscritto sopra i due registri in margine del corrispondente atto di nascita, ed indi lo abbiamo firmato.

All’epoca,  lo stesso giorno di nascita, veniva somministrato il Battesimo.

 

Alfonso e Francesco erano fratelli molto affiatati e uniti, e vissero orgogliosi del padre Antonio (Matalena), uomo rispettato e temuto.

Alfonso sposò, nel 1840, Teresa Pontoriero, una donna bassa di statura e molto carina, di carattere forte ma mite. Ebbero sette figli: Antonio (1841), Francesco (1844), Domenica (1846), Giuseppe (1848), Agostino (1850), Pasquale (1855), Domenico (1859). Gli ultimi due, Pasquale e Domenico, emigrarono in Argentina, dove vivono i loro discendenti, e quindi si allontanarono per sempre dal paese. Francesco sposò, nel 1844, la cugina Domenica Rombolà, donna di temperamento forte e orgogliosa. Ebbero sei figli: Maria Domenica (1845), Delia (1846), Antonio (1847), Domenico (1855), Francesca (1857), Michelina (1860).

Le famiglie di Alfonso e di Francesco andavano d’amore e d’accordo. Coltivavano gli stessi appezzamenti di  terreno in località “Fontana”, condividevano lo stesso casolare e in paese abitavano di fronte.

Le mogli, piano, piano, cominciarono a non andare più d’accordo e a mettere zizzania rompendo, così, l’armonia tra le due famiglie. I fratelli, che erano “n’anima e nu cori”, cioè tra di loro andavano spassionatamente d’accordo, per molto tempo mantennero la quiete e la pacifica convivenza tra le loro famiglie, tenendo a bada  le proprie mogli col ragionamento, e, a volte,  anche col bastone.

La cosa resse fino al 1862, poi i fratelli, Alfonso e Francesco, cominciarono ad odiarsi.

I rispettivi figli cercavano di buttare, come suol dirsi, acqua sul fuoco e di mettere pace tra i rispettivi genitori e per questo fine si adoperava pure Giuseppe, fratello più grande di Alfonso e Francesco.

Ma il 19 giugno 1864, si arrivò al dramma.

Alfonso, rientrando dal Poro, trovò la moglie triste e in lacrime. Gli raccontò che era stata aggredita e malmenata dal cognato Francesco e da sua moglie. Alfonso montò su tutte le furie, prese una accetta e si diresse imprecando e bestemmiando verso la casa del fratello che era di fronte alla sua.

La casa di Francesco era nell’attuale via Vittorio Emanuele n° 159  e quella di Alfonso era pure nell’attuale via Vittorio Emanuele N° 142.

Francesco, scorgendo il fratello avanzare con tono minaccioso e armato di accetta, prese il fucile e glielo puntò contro intimandogli di fermarsi altrimenti avrebbe fatto fuoco. Alfonso veniva tirato indietro dal figlio Antonio che, però, nulla poté contro l’ira del padre il quale, a petto nudo, gridò al fratello: “Spara s’ha coraggiu”.

Francesco non riuscì a trattenersi e premette il grilletto. Alfonso, colpito in pieno petto da distanza ravvicinata (egli era sulla strada e il fratello gli sparò dal balcone di casa) stramazzò morendo all’istante. Il figlio Antonio, disperatamente, gridò allo zio: “Picchì, picchì”.

In preda a cieco furore, Francesco sparò un secondo colpo e spense quel grido!

Riportiamo l’Atto di morte di Alfonso

ATTO DI MORTE

N° d’ordine  8

L’anno milleottocentosessantaquattro, il di diciannove di giugno, alle ore venti avanti di noi Giuseppe Rombolà  Consigliere ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Brattirò Distretto di Monteleone, Provincia di Catanzaro, sono comparsi Antonio Di Vita di anni quarantasei di professione mugnaio regnicolo domiciliato in Brattirò e Antonio Soriano di anni quaranta di professione mugnaio regnicolo domiciliato in Brattirò i quali àn dichiarato, che nel giorno diciannove del mese di giugno, anno suddetto alle ore sedici è morto Alfonso Rombolà di anni quarantacinque di professione massaro domiciliato in Brattirò, figlio di Antonio di professione —-domiciliato —–e di Domenica Di Costa domiciliata—-marito di Teresa Pontoriero. Noi quindi ci siamo trasferiti presso il defunto, ed avendo conosciuta insieme coi dichiaranti la sua effettiva morte, ne abbiamo firmato il presente Atto, di cui si è data lettura ai medesimi, ed indi è firmato da noi non sapendo firmare i dichiaranti.

Il Consigliere Delegato

Giuseppe Rombolà

Antonio, il figlio di Alfonso, fu colpito dallo zio Francesco all’addome ed entrò in una dolorosa agonia, neanche gli infusi di semi di canapa riuscirono ad attenuare gli atroci spasimi e il giovane tra le braccia della moglie e della figlioletta spirò, dopo cinque giorni, la mattina del 23 giugno 1864.

Ne trascriviamo l’Atto di Morte.

ATTO DI MORTE

N° d’ordine  9

L’anno milleottocentosessantaquattro, il di ventitre di giugno alle ore ventidue avanti di noi Giuseppe Rombolà Consigliere ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune, di Brattirò, Distretto di Monteleone, Provincia di Catanzaro, sono comparsi Giuseppe Ruffa, di anni quaranta di professione calzolaio regnicolo domiciliato in Brattirò e di Francesco Soriano di anni cinquanta di professione bracciale regnicolo domiciliato in Brattirò, i quali àn dichiarato che nel giorno 23 di giugno, anno suddetto, alle ore diciannove è morto Antonio Rombolà, di anni ventiquattro, di professione massaro, domiciliato in Brattirò, figlio di Alfonso di professione—domiciliato—e di Teresa Pontoriero, domiciliata in Brattirò, marito di Delia Romblà. Noi quindi ci siamo trasferiti presso il defunto, ed avendo conosciuta insieme coi dichiaranti la sua effettiva morte, ne abbiamo firmato il presente atto, di cui si è data lettura ai medesimi, ed indi si è firmato  da noi non potendo firmare i testimoni.

Il Consigliere Delegato

Giuseppe Rombolà

Antonio aveva sposato due anni prima, nel 1862, Delia Rombolà, donna molto bella che aveva tanti pretendenti. La giovane coppia aveva avuto un figlio nel 1863, però era nato morto, e il 23 marzo del 1864 era nata una bambina, Maria Teresa. Si racconta che durante i giorni di agonia  del marito, la moglie Delia andava in chiesa, poneva sull’altare la figlia avvolta nelle fasce e rivolgendosi al Signore lo implorava: “Signuri, nu figgiu vu piggiastivu, piggiativi puru chista ma dassatimi a Ntoni mio”.

 

Per futili motivi, come spesso accade, si era consumata una tragedia familiare che aveva colpito, non solo le famiglie, ma tutta la comunità. A Francesco, l’uccisore del fratello e del nipote, fu consigliato di darsi alla latitanza. Ma lui si chiuse in un mutismo assoluto, scioccato per l’accaduto, e aspettò i gendarmi che lo portarono nel carcere di Monteleone.

Fu condannato al carcere a vita.  Ma dopo due anni morì pazzo senza avere proferito mai una parola, restando sempre muto e con lo sguardo fisso nel vuoto.

La tragedia familiare continuò.

Teresa Pontoriero, moglie di Alfonso e madre del povero Antonio, si rifiutava di nutrirsi e piangeva continuamente.

Domenica Rombolà, la moglie di Francesco, ritenuta la principale responsabile della tragedia, fu disprezzata anche dai figli e, in un gesto di disperazione, si buttò nel pozzo che avevano nella campagna. Fu salvata dalla morte, ma rimase paralizzata e finì la sua esistenza terrena su un giaciglio tra piaghe e atroci sofferenze.

La vita continuava.

I cugini Agostino, figlio di Alfonso, e Francesca, figlia di Francesco, crescendo e diventando adulti, piano piano trasformarono i loro sguardi carichi di odio in teneri sorrisi; qualche saggio parente incoraggiò tale unione, e convolarono a nozze nel 1874.

Da questo matrimonio ebbe origine, in Brattirò, la famiglia di Agostino Rombolà, detto Gustineu, il quale ebbe due figli: Francesca e Paquale (Pascali i Gustineu). Il fratello maggiore di Agostino (Gustineu) che si chiamava Alfonso, nato nel 1876, si sposò ed emigrò negli Stati Uniti, mentre l’altro fratello, Pasquale, nato nel 1883, emigrò in Argentina, a Buenos Aires, e poi negli USA dove morì.

Delia Rombolà (1 – 1 – 1846  / 24 – 12 – 1923), moglie del giovane Antonio, ucciso col padre Alfonso dallo zio Francesco, rimasta vedova a 18 anni, sposò, nel 1865, un suo vecchio spasimante, Pasquale Pugliese. Da questa unione nacquero: Raffaele (26 – 9 – 1866 / 25 – 4 – 1930) che sposò Maria Domenica Pugliese (18 – 12 – 1874 / 21 – 2 – 1938); Girolamo (4 – 1 – 1869 / 18 – 2 -1944) che sposò Maria Domenica Pugliese (2 – 2 – 1876 / 19 – 4 – 1932), sacerdote Michele Pugliese (26 – 2 – 1871 / 26 – 9 – 1933), parroco in Argentina, costretto a rimpatriare fu poi parroco a Belmonte Calabro e quindi a Tropea; Francesco (17 – 2 – 1882 / 10 – 6 – 1964) fu sacerdote, Prelato Domestico, docente in Teologia, Decano del Capitolo, Vicario Generale. Da tutti è ricordato come il “Teologo Vecchio”, Giuseppe (30 – 10 – 1874 / 14 – 10 – 1955) sposato con Maria Antonia Pugliese (11 – 1 – 1877 / 2 – 2 – 1959)

Pasquale Vallone

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