“Superfish” di F. Costa (inedito) – Cap.9

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Fortunato Costa

Il nono capitolo del libro “Superfish” di Fortunato Costa (Mario Vallone Editore)

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Capitolo 9

Il telefono squillava già da un po’ ma Nicola, profondamente addormentato, non lo aveva sentito.

Aprì gli occhi maledicendo la tecnologia e guardò l’ora stupefatto. Erano le cinque del pomeriggio: aveva dormito per sette ore di fila.

Prese lo smartphone e subito notò che c’erano state almeno dieci chiamate senza risposta nell’ultima mezz’ora. Un numero sconosciuto. Prefisso calabrese. 0984: Cosenza.

Chi diavolo lo cercava con tanta insistenza da Cosenza?

Un fulmine gli attraversò la mente: Evelyn.

Mio Dio: fa’ che non sia successo nulla di grave.

Il telefono squillò ancora; aveva paura di accettare la chiamata.

“Pronto. Chi parla?”

“Lei è il signor Nicola Di Costanzo?”

“Si, sono io. Chi parla?”

“Sono l’ispettore capo Grimaldi, della Polizia Stradale del nucleo operativo di Cosenza. Il suo numero di telefono ci è stato fornito dal signor Caroni di Tropea il quale ci ha pregato di avvisarla che si è verificato un grave incidente sull’autostrada E45 all’altezza della contrada Albo, in prossimità di Cosenza.”

“E’ grave? Si tratta di Evelyn Caroni? Mi dica se è viva, la prego…”

“Un camion si è rovesciato a causa di una forte raffica di vento ed ha ostruito la carreggiata su cui viaggiavano alcune autovetture tra cui la Smart di proprietà della signorina Caroni…”

“E’ viva?” lo interruppe Nicola.

“I vigili del fuoco ed i soccorsi sanitari si sono portati prontamente sul luogo dell’incidente per prestare i primi soccorsi. E’ stata dura riuscire ad estrarre i due corpi dalle lamiere…”

“Cazzo! Mi vuol dire se è viva?”

“Purtroppo le vittime sono almeno una decina ed Evelyn Caroni è una di queste. Nella Smart abbiamo rinvenuto due corpi, due donne giovani. Una delle due non ce l’ha fatta ed è morta sul colpo al momento dell’impatto; l’altra è stata trasportata d’urgenza all’Ospedale di Cosenza.” disse il maresciallo Grimaldi.

“Non è possibile. Non ci credo. Vi state sbagliando, lei stava venendo da me e non può essere morta. Lei è così giovane, piena di vita. Avete preso un abbaglio, che razza di scherzo di merda è mai questo?” Nicola stava urlando.

“Si calmi, signore, la prego. Mi rendo conto che è un momento difficile ma non perda la calma. Le porgo le più sentite condoglianze; se ha bisogno di qualcosa chieda pure di me. Il mio numero personale è il seguente: 3384555798. La prego, si calmi. C’è qualcuno con lei?”

“Dov’è? E’ ancora lì per terra con uno straccio addosso? Mio Dio, non può essere vero. Grazie ispettore, mi scusi.”

“La prego: prima di fare qualsiasi cosa si segga e si calmi. Non faccia nulla di avventato. Deve passare questo brutto momento. Se vuole io resto al telefono per parlarne. Ho tre figli, mi rendo conto che sono cose atroci da sopportare. Lei dov’è in questo momento?”

“Sono a Napoli” rispose Nicola automaticamente.

“Ah, dunque non è nelle immediate vicinanze.”

“Evelyn stava venendo da me. Le avevo detto di non partire ma lei non ha voluto sentire ragioni. E’ morta per colpa mia e…”

“Non dica sciocchezze, la prego. E’ morta per una tragica fatalità.”

“Ed io non la meritavo, capisce? Lei è morta per venire da me! Oddio: ed ora che faccio? Chi lo dice ad Eros?”

“Il signor Eros Caroni? E’ già stato avvisato mezz’ora fa e probabilmente già in viaggio verso Cosenza. Posso salutarla con la certezza che non commetterà sciocchezze Nicola?”

“Si; grazie ispettore. Lei è una persona meravigliosa, grazie, davvero. Mi scusi, arrivederci.”

Nicola ebbe appena il tempo di chiudere la comunicazione che il telefono squillò nuovamente. Il numero di Sabrina sul display questa volta.

“Nico hai saputo? E’ terribile. Non so cosa dire…Eros è già partito. Quando vuoi partire tu? Io vengo con te.”

“Subito. Metti qualcosa in borsa per un cambio e scendi; arrivo subito.” Nicola e Sabrina giunsero a Cosenza in poco più di tre ore; era già buio.

Avevano chiesto all’ispettore Grimaldi di poter vedere Evelyn un’ultima volta e la loro richiesta era stata presa in considerazione. Trovarono una volante che li scortò sul luogo dell’incidente che era ormai sgombro dal traffico veicolare normale ma accessibile solo agli addetti, perché i rilevamenti e le misurazioni non erano ancora terminati.

La Smart era irriconoscibile. Il camion, un grosso telonato, era riverso su di un fianco ed ancora fumante per l’incendio sviluppatosi in seguito all’incidente. Altre cinque autovetture erano state coinvolte nel sinistro e almeno due di queste ridotte ad un ammasso di ferraglia.

Il tratto di strada chiuso al traffico brulicava di uomini in divisa: poliziotti, vigili del fuoco, guardie forestali, personale sanitario. Lo scenario era reso surreale dalle luci blu ed arancioni ad intermittenza che si illuminavano senza posa.

Per terra erano visibili quattro corpi coperti da lenzuoli di colore chiaro, forse bianchi. Eros ed i genitori erano seduti a bordo strada con una coperta addosso, sconvolti, oramai senza lacrime. Eros non appena vide Nicola e Sabrina si alzò e corse ad abbracciarli piangendo. I genitori non ce la fecero ad alzarsi. Valentina aveva due righe scure sulle guance dovute al trucco squagliatosi per il gran piangere.

“Non ce l’hanno fatta ancora vedere, capisci? Devono prima finire le rilevazioni e terminare gli interrogatori dei testimoni. Forse deve arrivare il questore incaricato e poi ci sarà il riconoscimento, dicono per domani. Io non ce la faccio più, non reggo fino a domani, devo vederla con i miei occhi. Potresti chiedere tu se ci fanno la grazia? Ti prego, Nicola…”

Nicola annuì e si avvicinò ad un gruppo di poliziotti che stavano cercando di calmare un uomo con una mano fasciata che urlava e minacciava ogni genere di denuncia.

“Chiedo scusa. Vorrei parlare con l’Ispettore Capo Grimaldi. C’è?”

Uno dei poliziotti con i capelli grigi ed un po’ di pancetta gli sorrise.

“Lei deve essere Nicola; ho riconosciuto la voce perché sono stato io a telefonarle. Venga, parliamo in disparte, lontano da queste urla che non mi fanno più ragionare. Avete fatto presto, bravi. Seguitemi.”

Grimaldi li fece salire su di un capiente Suv ed accomodare; poi chiese loro di esporre le proprie problematiche, sempre cordiale e con un modo di fare amichevole.

“Vorremmo vedere Evelyn; è possibile?”

“I moderni protocolli ci suggeriscono di far vedere e riconoscere il corpo dei parenti ed amici il giorno seguente, per dare il tempo necessario alle persone di digerire la perdita ed elaborare una strategia di difesa. In caso di incidenti mortali la storia di una famiglia cambierà per sempre, non è facile superare subito un impatto di tale entità.”

“Capisco, ispettore. Io sono il fidanzato di Evelyn, diciamo così, e lei una grande amica. Forse potremmo vederla noi per un attimo e constatare che si tratti proprio di lei. Prima mi ha riferito che erano in due le donne nella Smart: questo è strano. Evelyn viaggiava da sola, a quanto ne sappiamo…”

“Gli occupanti della Smart erano in due, di sesso femminile, giovani stando alle prime rilevazioni del medico che le ha soccorse. Evelyn aveva stretta ancora in mano la borsa con i documenti che ne indicano chiaramente le generalità. I documenti dell’altro soggetto, quella ricoverata in ospedale, non li abbiamo trovati. I numeri di telefono li abbiamo estrapolati dallo smartphone di Evelyn, volato fuori dall’auto nel momento dell’impatto. Siete sicuri che volete vedere subito Evelyn? Non è uno spettacolo gradevole cui assistere ma voi mi sembrate due persone equilibrate, sicuramente dotate di cultura e self control. Magari in questo caso potrei fare uno strappo alla regola ma…deve rimanere un segreto tra noi. Potrei espormi a critiche e la mia figura professionale deve essere integerrima, voi capite. Sono io che svolgo le mansioni di Chirone, è il mio ruolo più delicato. Chirone è una figura mitologica, citata tra l’altro anche da Dante nel 12° canto dell’inferno, un centauro dotato di particolare bontà d’animo. E’ lunga la faccenda, magari ve la spiego in un altro momento…”

Nicola e Sabrina annuirono. Grimaldi scese dal Suv e fece cenno ad un poliziotto di avvicinarsi, confabulò a bassa voce con lui e si voltò nuovamente verso Nicola.

“Seguitemi. Dobbiamo fare in fretta. Qualsiasi cosa vediate tra poco niente commenti ad alta voce, mi raccomando di non tradirvi. Ve la sentite? Siete sicuri?” I due ricercatori annuirono nuovamente.

Il gruppetto di quattro persone si avvicinò al primo dei lenzuoli stesi sull’asfalto e Grimaldi sollevò il lenzuolo all’altezza della testa della vittima.

La testa era coperta di schegge di vetro ed insanguinata; il viso orribilmente tumefatto era quasi irriconoscibile. Un ampio squarcio sulle labbra lasciava scoperti alcuni denti. I capelli erano rossi. Evelyn era bionda, non poteva essere lei.

“Ispettore, non è lei, non è la mia Evelyn. Dio ti ringrazio!”

“Ne è sicuro? Ne siete sicuri entrambi?” Annuirono.

“Non è lei, non è lei!” disse Nicola abbracciando Sabrina.

“Allora Evelyn è in ospedale, nel reparto di terapia intensiva. Potete andare anche subito. Date la bella notizia ai genitori ed al fratello, andate pure” disse Grimaldi mettendo una mano sulla spalla di Nicola con fare paterno.

I tre giorni che seguirono trascorsero come in un brutto sogno. Evelyn presentava una frattura del femore quasi all’altezza dell’anca, la frattura dell’omero sinistro ed una commozione cerebrale dovuta al contraccolpo seguìto all’impatto violento del cranio che aveva frantumato il parabrezza.

Le due ragazze erano state proiettate fuori della vettura al momento dell’incidente e solo per un caso fortuito non erano state travolte dalle vetture sopraggiunte dopo.

Quando Evelyn aprì gli occhi per la prima volta e si guardò intorno, Nicola e Valentina erano accanto al letto.

“Mamma…Nicola…sono viva? Ricordo tutto, l’incidente, il camion, Erika. Dov’è Erika? Come sta?”

“Chi è Erika?” chiese Valentina.

“La ragazza che viaggiava con me. L’ho conosciuta al bar della stazione di rifornimento e mi ha chiesto un passaggio per Salerno. L’aspettavano degli amici per proseguire il viaggio insieme e far ritorno a Monaco. Cosa le è successo?”

“Purtroppo Erika non ce l’ha fatta. E per poco non siamo morti anche noi quando ci hanno comunicato la notizia. All’inizio ci avevano detto che tu eri perita nello schianto. L’errore era dovuto al fatto che Erika stringeva in mano la tua borsa al momento dell’incidente e così l’hanno trovata…”

“Ora ricordo! Le avevo chiesto di prendermi il cellulare dalla borsa perché volevo chiamarti, dirti che ero in viaggio e tutta stava andando bene, che avevo trovato compagnia…” Evelyn scoppiò a piangere.

“E’ il destino. E questa volta, fortunatamente per noi, ha voluto risparmiarti e darci la gioia di riabbracciarti!” disse Valentina stringendole la mano e sorridendole.

“Eros? Papà? Dove sono?”

“Sono a Tropea. Il negozio deve andare avanti. Ma come sapranno che ti sei svegliata verranno subito a salutarti. Ora li avverto” disse la madre uscendo dalla stanza per telefonare al marito ed al figlio.

“Sabrina ti ha lasciato i suoi saluti ed auguri. E’ partita ieri per riprendere il lavoro. Io non so dirti quanto sono felice che tu sia viva, Evelyn. Ti amo, ora lo so.”

“Da quanto tempo sei qua in ospedale, Nico?”

“Sono qua da tre giorni. Ho dormito su quella sedia ed aspettavo con ansia questo momento per dirti che sei importante per me, che ti rendi conto del valore di una cosa solo quando stai per perderla, che…non ti lascerò mai più!”

“Perché, mi avevi lasciata?” chiese Evelyn senza malizia.

“No, no…è che magari si dà importanza più a certe cose che ad altre…è complicato. Ora siamo qui, questo è l’importante, e tu riesci ad essere bellissima e dolcissima anche in un letto d’ospedale” disse Nicola sfiorandole le labbra con un bacio.

“Sono costernata. Lo sai che i delfini in cattività vivono solo vent’anni? Quelli liberi hanno un’aspettativa di vita che raggiunge anche i sessanta” disse Sabrina mentre Nicola prendeva appunti.

“Lo so; infatti molti stati, ad esempio il Canada, hanno vietato di tenere i delfini in cattività. In Italia è vietato nuotare nelle vasche con i delfini, ma non è sufficiente secondo me perché alcune strutture se ne fregano altamente. Marevivo porta avanti questa battaglia da anni. C’è quella abitudine stupida di far fare ai visitatori l’addestratore per un giorno, un corso senza capo né coda. Mah!”

“In effetti ci sono ben 13 stati membri della comunità europea che non hanno il delfinario: Austria, Croazia, Estonia, Lettonia, Cipro, Polonia, Irlanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria.

Speriamo di seguire ben presto il loro esempio. Io chiuderei tutti gli zoo e tutti i luoghi che detengono in cattività gli animali: forse esagero ma la penso così!” disse Sabrina sedendosi accanto a Nicola e sbirciando i suoi appunti.

“Allora abbiamo il calco dentale di due delfini grazie ad Eros; il primo ha 110 denti, il secondo 106 denti. L’età stimata è di circa 15 anni ad esemplare; il peso intorno ai 150-130 kg, specie Delphinus Delphis  discretamente usuale nei nostri mari. Come puoi ben vedere i denti sono praticamente tutti uguali ma c’è una piccola differenza tra quelli laterali e quelli posteriori, una cosetta minima…”

“I delfini che vivono in acque dolci hanno ancora i molari posteriori: lo sapevi?”

“No, non ne avevo la minima idea. Dipenderà dalla dieta che osservano, dal cibo disponibile. Buon Dio, ma com’è complicata la natura!”

“Buongiorno a tutti!” Il professor Biagini entrò nello studio carico di fogli, libri e buste di plastica. La borsa di cuoio non poteva mancare ed era gonfia più del solito. I due ricercatori subito lo aiutarono a liberarsi del carico e lo fecero sedere.

“Abbiamo altri sette calchi. Quell’Athos è un vero prodigio. In un solo giorno abbiamo fatto l’impronta dentale a sette delfinidi: tre stenelle, un delfino comune e tre tursiopi. Ah, è stato il volere divino che ce lo ha mandato. Ricordatemi che devo accendere un cero a San Gennaro per ringraziarlo e chiedergli di far scappare di casa almeno due cani. Sono un tormento, non si vive più. Sono sfinito! Domani ho esami all’Università: se stanotte non mi fanno dormire sarò uno straccio d’uomo. Ma perché abbaiano? Non potevano comunicare con gli ultrasuoni? No: abbaiano, latrano, guaiscono, ululano. Tutte attività senz’altro connaturate e forse utili ma terribilmente rumorose. A che punto siete?”

“Cominciamo a capirci qualcosa ma è dura, prof. Le variabili sono tantissime, le specie numerose ed ancor più numerose le sottospecie di delfinidi. Un lavoraccio che non trova mai fine” disse Nicola.

“Dai, dai, non abbatterti. Il tunnel, per quanto lungo possa essere, porta sempre alla luce. La dottoressa Sabrina che ne pensa?” disse Biagini guardando la ricercatrice.

“Nicola ha ragione; il lavoro risulta complesso e sarà dura, ma alla fine caveremo fuori qualcosa di buono o di utile.”

“Ho già un’altra idea formidabile in cantiere. Mi è venuta stanotte mentre

mia moglie russava e non riuscivo a dormire. Ma poi ve la dico, è una sorpresa. E avremo bisogno di Athos per realizzare la fase iniziale…”

“Eros, professore, si chiama Eros” disse Nicola mentre Sabrina non riusciva a trattenersi dal ridere sotto i baffi.

“Si, si, Eros o come si chiama, fa lo stesso. Nelle buste c’è del materiale nuovo. Date un’occhiata a quegli appunti che vi ho portato; non li perdete, sono stati tradotti dallo svedese in italiano e dal tedesco in inglese. Non so neanche io come sono riuscito nell’impresa. Buona giornata marmocchi!”

Biagini uscì, poi rientrò perché aveva dimenticato la borsa come sempre e sorrise ai due ricercatori che attesero si chiudesse nuovamente la porta prima di scoppiare a ridere indecorosamente.

Il numero di Eros sul display. Nicola rispose subito.

“Pronto, Nico? Sei da solo o c’è Sabrina nei paraggi?”

“Si, è qui accanto a me, stiamo lavorando. Che c’è?”

“Esci con una scusa, devo parlarti.”

“Non farmi preoccupare. Evelyn…”

“Sta bene mia sorella. E’ di altro che devo parlarti.”

Nicola sorrise a Sabrina e le fece cenno che sarebbe tornato in due minuti; uscì dallo studio e prese a camminare nell’acquario, poco distante, osservando i pesci nuotare pigramente nelle vasche.

“Mi sono messo in un casino, mannaggia!”

“Un casino di che genere?” chiese Nicola.

“I pescatori mi hanno visto mentre tagliavo le reti e mi hanno minacciato pesantemente.”

“Te l’avevo detto, ti avevo avvertito di non fare certe cose ma: niente! Tu sei tosto e non cambierai mai!”

“Guarda come mi hanno ridotto” disse Eros. Dopo pochi istanti si udì un bip ed una foto di Eros venne caricata in WhatsApp.

Il volto tumefatto, un occhio nero bluastro, un taglio sul labbro superiore, una fasciatura sul cranio.

“Mio Dio! Ma ti hanno conciato per le feste!”

“Ero andato a fare una bella nuotata; ho visto i segnali galleggianti della rete, una rete lunga due o tre chilometri che stazionava a circa centocinquanta metri dal fondo. Non ho resistito ed ho tagliato le cime, ho danneggiato le funi piombate, strappato le maglie in più punti, liberato i pesci imprigionati e sono riemerso. La barca dei pescatori era lì ad attendermi con tre uomini di vedetta. Mi hanno preso ed issato a bordo, interrogato e minacciato. Quando hanno provato a verificare l’integrità del sistema pescante si sono resi conto che era tutto rovinato ed hanno fatto due più due.

Erano incazzatissimi; hanno detto che non era la prima volta che distruggevo le reti, che ora che sapevano chi ero non avrei avuto vita facile. Mi hanno dato un paio di schiaffi e rigettato in mare senza tanti complimenti…”

“Ma allora chi ti ha ridotto in questo stato?”

“Sempre loro. Sono venuti in cinque ad aspettarmi sotto casa quella sera stessa e mi hanno provocato. Io ho reagito e mi hanno massacrato. Sono due giorni che zoppico; ho trovato sangue nelle urine e vomito tutte le volte che mangio qualcosa. Ma mi rimetterò in sesto, non preoccuparti. Non dire nulla a Sabrina, non voglio che si preoccupi per me e non voglio nemmeno farmi vedere in questo stato…”

“Porca miseria, Eros! Ti sei cacciato nei guai. Ora dovremo parlare con qualcuno di loro e calmare gli animi. Vorranno essere risarciti per i danni subiti.  I tuoi genitori saranno preoccupati e provati; prima Evelyn, poi tu…”

“E non è tutto. Hanno squarciato i quattro pneumatici della mia BMW e rotto il parabrezza anteriore. Sul sedile ho trovato un amo di quelli grossi, di quelli che si utilizzano per il pesce spada. La loro firma” disse Eros.

“Fammi un piacere. Vieni a Napoli per qualche giorno così eviti di fare brutti incontri e…”

“Non posso, non voglio farmi vedere così da Sabrina. Che figura ci faccio?”

“Vuoi che venga io da te?”

“No, grazie. Stasera io e mio padre abbiamo un appuntamento con il coordinatore dei pescatori di Tropea e sicuramente raggiungeremo un accordo per cessare le ostilità. Vedrai che andrà tutto a posto. Volevo solo parlarne con te per sfogarmi ed ora mi sento meglio. Ci vediamo quando scendi a Tropea.”

“Ciao Eros. Mi raccomando: sii prudente e non compiere atti avventati.”

“Ci proverò. Evelyn vuole vederti al più presto. Zoppica ancora ma si riprende a passi da gigante. Ti abbraccio, amico mio.”

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