L’amore ai tempi dei social network

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La presentazione del libro, intitolato “L’amore ai tempi dei social network”, scritto da Davide Piserà e Francesca Berlingieri, da me pubblicato col marchio Mario Vallone Editore:

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PRESENTAZIONE

Quanto si è scritto sull’amore? Chi non ha mai declinato una sua concezione di questo sentimento che muove l’umanità? Sono interrogativi di facile risposta e che potrebbero relegare questo lavoro di Piserà e Berlingieri nell’alveo delle cose già dette e risapute. E tuttavia nel leggere e rileggere le pagine di questo volume  potrei dire  con Socrate che “ho scoperto di sapere di non sapere”.

Tanta è infatti la poliedricità degli autori di sviscerare gli aspetti meno conosciuti di un sentimento che pure travolge tutti indistintamente e,  invariabilmente segna il percorso sentimentale di tutti, e mai nello stesso identico modo.

L’opera si apre con un excursus storico  che affonda le sue radici alla sorgente della civiltà e percorre l’età classica fino al medioevo e al rinascimento per approdare ai giorni nostri. Volutamente gli autori non si soffermano su alcuni aspetti contestuali all’epoca descritta perché così  facendo svolgerebbero indagine storica e non pedagogica come è nel loro intento;  e quindi  evitano di spolverare analisi di cui sono piene le librerie del mondo.

Entrambi hanno un intento più genuino e, per certi aspetti innovativo,  e riescono nell’intento grazie alla loro capacità comunicativa che rende l’argomento fruibile ad un pubblico vasto e non dotato di strumenti particolarmente significativi. I riferimenti storici appaiono perfettamente inseriti in un percorso che pur ampliando il campo d’indagine non perde mai il filo del discorso  e coinvolge il lettore facendolo diventare parte del contenuto in cui non gli è difficile riconoscersi in alcune descrizioni  a cui saprà collegare e classificare i suoi personali sentimenti amorosi. In questo senso l’opera ha un valore prevalentemente  pedagogico e a mio personale giudizio anche  formativo specialmente se riferito ai tempi che viviamo.

La globalizzazione, il senso dell’identità perduta o dissolta nel mare della massa informe sono per certi versi  il campo minato in cui gli autori si muovono e in cui riescono a muoversi con una eleganza dettata dalla conoscenza e dallo studio della tematica che li fa uscire indenni dai marosi  del deja’ vu e dell’ovvio elevato a scienza. Piserà e Berlingieri sono invece tutt’altro! Essi indagano, conoscono e descrivono non solo per gli altri, ma soprattutto per se stessi, e ogni analisi trova riferimenti letterali certi e  storicamente  confermati, ma nello stesso tempo aprono scenari  nuovi e indicano sentieri originali di ricerca che gli stessi dichiarano non esaustivi,  semmai stimolanti per ulteriori indagini. E’ questo il senso di un lavoro fatto con meditazione attenta e critica, verso se stessi prima di tutto, per recuperare un senso allo svilimento  dei sentimenti in generale e del sentimento principe innanzi tutto. Così il senso dell’amore si dipana attraverso la storia: dai greci nella sua divina concezione, ai romani nella sua classica intuizione, ai romantici con il loro concetto passionale e romantico, al rinascimento e fino ai giorni nostri. Ripercorre il sentiero della memoria con una grande sensibilità  a partire dai greci riprendendo la mitologia di amore e psiche di Apuleio nelle sue Metamorfosi per concludere che:        “Al centro del racconto elegiaco c’è l’amore, ma non quello felice, piuttosto quello turbolento, tormentato, che rende l’uomo schiavo e succube della sua passione. La donna, in particolare, è padrona di sentimenti dell’uomo e del suo cuore, è idealizzata come inarrivabile oggetto d’amore.”  O rincorrendo Catullo dove “non troviamo una donna tanto concreta, quanto la ricerca, sempre delusa, di una ideale figura femminile capace di incarnare un concetto d’amore altissimo, sublime, che abbia come termine di confronto il mito.”

 Senza sorvolare sulla poetica di Saffo  per rilevare che la sua poesia “esprime la pena e l’ansia per l’amore non sempre corrisposto e il tormento che questo le dà……. Armonia, dolcezza e passione: sono queste le caratteristiche della poesia di Saffo, il suo amore fu perfettamente femminile, travolse tutto ciò che la circondava, tanto che ancora oggi può essere considerata tra le più grandi poetesse di tutti i tempi.”

 L’indagine condotta dagli autori è ampia e rigorosa passando  dall’ Amor  Cortese dalla Chansons de Geste  dove  “L’amore viene descritto come un’esperienza che ti porta alla raffinazione interiore; la donna, in questo amore, viene ridotta a pochi tratti perché è perfetta e non la si può descrivere, viene paragonata alle cose più belle.” alla Scuola Siciliana al Rinascimento e allo Stil Novo. Qui si esprime il massimo della ricerca, inserendo elementi di novità spesso trascurati dalla letteratura ufficiale o forse dati per scontati, ma che qui si rinnovano e si attualizzano come meglio non si potrebbe.  Ma soprattutto interessante e originale il riferimento a Stendhal  a cui gli autori dichiarano il proprio amore in una analisi raffinata e modernizzata del grande artista dedicandogli alcuni capitoli di intensa partecipazione affettiva. Stendhal è il nucleo intorno al quale a mio giudizio entrambi fanno ruotare tutto il loro lavoro, riprendendo e attualizzando alcuni concetti sull’amore: “L’amore-passione: cioè l’amore esemplificato in letteratura da personaggi come Eloisa e Abelardo o il Werther di Goethe, sentimento che ci travolge contro tutti i nostri interessi; l’amore-capriccio: dove la donna sceglie un amante tenendo conto, più che dell’opinione che ha di lui, di quella delle altre donne; l’amore fisico: quello che oggi verrebbe semplicemente classificato come sesso; l’ amore-vanità: dove la persona amata è solo uno strumento per aumentare la stima di sé.” Per concludere che “Il più grande contributo di Stendhal allo studio dell’amore è la famosa teoria della “cristallizzazione”, secondo la quale l’amante vede l’amato/a non nella sua nuda realtà, ma ad immagine dei propri desideri, facendone un essere ideale. Ogni amore secondo lui comincia con l’ammirazione, segue  una sensazione di grande gioia che fa insorgere la speranza….. Nasce così l’amore, e avviene la prima cristallizzazione, dopo è inevitabile l’insorgere del dubbio, che assume forme diverse negli uomini e nelle donne. Infatti l’uomo, si domanda: “potrò piacerle? vorrà amarmi?” mentre la donna, dice: “forse per gioco dice di amarmi? è un carattere solido? può rispondere a se stesso della durata dei suoi sentimenti?”.

Nel secondo capitolo i riferimenti ad Alberoni inseriscono altri elementi di analisi  “Nel vero innamoramento noi amiamo l’altro nella sua interezza: non solo ciò che è, fa, e ci dice oggi, ma anche come era, desideriamo conoscere le sue emozioni, vedere il mondo come lo ha visto lui e vederlo come appariva agli altri. C’è però un punto che non possiamo superare: non possiamo condividere le sue esperienze sessuali con un’altra persona, partecipare della felicità che provava con lei, chi esagera su questa strada va incontro alla gelosia del passato, un nuovo amore significa cominciare una nuova vita, entrare in un nuovo mondo e questo richiede di staccarsi dal vecchio.” Introducendo altri sentimenti che l’amore inevitabilmente trascina nel suo realizzarsi e che sono nell’essenza dell’uomo e come tali considerati. Gli autori non trascurano nella loro stesura l’aspetto psicologico con un richiamo a Fromm e i suoi cinque tipi di amore con una lettura leggera e non faticosa, ma intrigante e appassionante sottolineando alcuni passaggi necessari allo scopo di questo lavoro  concludendo  che “Erich Fromm evidenzia che tutte queste forme di amore hanno elementi comuni e devono essere basati sul senso di responsabilità, rispetto e conoscenza. Per tutti gli individui l’amore è il modo normale di superare il senso di isolamento e, come desiderio di unione con gli altri, assume una forma particolarmente biologica tra l’uomo e la donna”

Ma è nel terzo capitolo che l’analisi e la ricerca toccano il vertice di un percorso originalmente tracciato e approfondito arrivando alla contemporaneità con passaggi leggeri e certi di un autore che sa cosa vuole ma soprattutto sa cosa trasmettere e come trasmetterlo. Nel terzo siamo ai giorni nostri e qui è il target principale che entrambi si sono riproposti. In questo senso il lavoro di Piserà e Berlingieri introduce elementi di novità a quanto già analizzato da altri ricercatori probabilmente per la loro educazione culturale, ma io credo soprattutto per la loro età che li pone anagraficamente vicino al mondo oggetto dell’indagine. Alcune ricerche ci dicono che molti giovani di età compresa tra i quindici e i venticinque anni, a differenza dei giovani di generazioni differenti, non sono facilmente identificabili, vengono classificati o, per meglio dire, distinti come “generazione degli sprecati”.

L’uomo postmoderno cerca senso di realizzazione e felicità nei beni materiali; non cerca l’altro perché ha il timore di confrontarsi, paura di  venire giudicato. Ha, in sintesi, paura di comunicare. Altri affermano che l’individuo, può migliorarsi, elevandosi al grado di persona, soltanto abbattendo il muro che lo separa dall’altro. Se ci riesce – sopravanzando ogni ingranaggio che intende atomizzarlo – raggiunge la condizione di “reciprocità”. Si raggiunge un livello di completezza esistenziale, comprendendo i propri diritti ed i propri doveri rispetto l’altro, dando ad egli la propria fiducia. “Forgiamo i nostri strumenti e poi questi ci forgiano”. L’aforisma attribuito a McLuhan, sociologo e filosofo canadese, fotografa benissimo oggi il rapporto fra social, media e persona. Siamo convinti che i social condizionano la nostra vita privata, ne influenzano i comportamenti e ne determinano gli stili di vita.  La stessa concezione della segretezza è diventata una chimera su cui vigila facebook  e basta lasciare un like per farci diventare un numero su una scheda virtuale che determina le nostre scelte, le classifica e le pubblicizza. Persino le aziende spulciano sui profili social prima di fare scelte di assunzioni di responsabilità a soggetti che vengono analizzati in base ai loro post e ai loro like, ai loro commenti lasciati a volte con leggerezza, a volte con partecipazione. Lo psicologo americano Michael Kosinski  ha calcolato che bastano sessantotto like di un utente face book per predire il colore della sua pelle con una accuratezza del novantacinque per cento, l’orientamento sessuale e quello politico per l’ottantacinque.

La conclusione è che siamo omologati ad un sistema che limita la possibilità di scelta e impedisce l’esercizio della libera scelta in una serie di comportamenti meccanici a volte illusoriamente liberi in altre. Ma è veramente così anche per quanto riguarda un sentimento così profondo e devastante come l’amore? Può l’amore cambiare natura e modalità di espressione in un mondo totalmente dominato dalla tecnologia? E come sono cambiati i rapporti sentimentali fra le persone oggi ai tempi dei social? A queste domande cerca di dare una risposta esauriente questa bella pubblicazione di Davide Piserà e Francesca Berlingieri. Ma cosa è l’amore ai tempi dei social?

Secondo Roberto Cotroneo “ l’amore al tempo dei social network è qualcosa su cui si dovrà scrivere molto. Perché gli amori dei social network sono romanzeschi, immaginifici, letterari e intensi. Hanno a che fare con la scrittura, con il tempo dell’attesa e con la distanza. Soffrono di vuoti improvvisi e di verità assolute, corrono con un tempo che non è il tempo delle cose normali, ma è un tempo diverso, più veloce, più vero. L’amore al tempo del web è qualcosa che sfugge anche agli psicologi, perché non è virtuale ma è un codice dell’anima, un attraversamento di sensibilità attraverso una scrittura che deve per forza svelare e mettere in gioco le persone, deve diventare lo specchio di quello che si è stati e di quello che si sta diventando. E non c’è nulla di virtuale nella scrittura, perché la scrittura è senso e comprensione del mondo, intuizione ed ermeneutica filosofica.” Ma  la domanda per certi aspetti  sconvolgente è quella che si pongono gli autori: cos’è l’amore al tempo dei social network?

L’amore al tempo dei social network è quella cosa per cui un affare che dovrebbe riguardare una persona o due al massimo, cioè te che ti sei innamorato e la persona di cui ti sei innamorato, diventa un affare di tutti, che non hanno niente a che fare con il tuo amore, oppure sì, ma in modo secondario, perché sono i tuoi amici, amanti o ex, oppure quelli della persona di cui sei innamorato.

L’amore al tempo dei social network è quella cosa che mentre ti stai dando il primo bacio con un mano tieni la sua nuca, con l’altra posti sullo smartphone il tuo cambiamento di status. E magari con un veloce sms comunichi alla tua ormai ex che la storia è finita.

L’amore al tempo dei social network è quella cosa per cui nei giorni successivi al primo bacio posti le vostre foto, insieme abbracciati felici, in qualunque luogo, a qualunque ora, facendo qualsiasi cosa (dall’aperitivo in piazzetta, alla scalata di un monte). E lo tagghi (orribile neologismo per definire l’invio ad altri della tua cerchia  la foto del giorno!). Le foto e i tag si ripropongono ogni week-end in cui andate al lago, al mare, a sciare, andate  a mangiare giapponese, insomma andate a fare qualunque cosa che normalmente ognuno capace di un po’ di buon senso tiene per sé. Invece pubblichi tutto e aspetti con ansia i “mi piace” o la “faccina” dispregiativa della tua ex.

L’amore al tempo dei social network è quella cosa per cui, anche se non lo vuoi, continui a sapere tutto quello che c’è da sapere sulla sua vita e instauri una dipendenza psicologica quotidiana delle sue pubblicazioni. Queste sono le risposte più frequenti che” una generazione di connessi”  alla rete ma sempre più distanti dal mondo reale,  declina  in modo quasi rituale  e per certi versi distintivo per affermare la sua appartenenza ad una diversità comportamentale  ostentata come novità e originalità. E su queste domande e sulla  loro sostanziale nullità che il lavoro di Piserà e Berlingieri diventa incisivo e analitico per tentare una ripresa dei valori  esistenziali che, diluiti e annacquati dal web, diventano ogni giorno più distanti, più indistinti e pertanto inattuali. E solo per questo impegno l’opera acquista una valenza attualissima e appunto pedagogica. Appare quindi scontato che da queste domande e dalla loro analisi nascano altre domande che pongono altri interrogativi.

Ma il corteggiamento, l’arte spontanea della conquista, la dimensione personale e originale del comportamento amoroso? Che fine ha fatto? Tutti raccontano come è cambiato il modo di arrivare al cuore di una persona. Con chat, e-mail, sms, tecniche di negazione  e addio alle lettere macchiate dalla caduta di una lacrima o magari da qualche goccia del proprio profumo.

Addio alle telefonate a gettoni, che finivano troppo presto, o quelle rubate  rompendo il lucchetto che i genitori applicavano  al telefono fisso per limitare la bolletta che tuttavia saliva lo stesso.

Addio  alle passeggiate notturne sotto il balcone per darsi la buonanotte magari incuranti della pioggia che ti procurava il malanno e che ti faceva perdere la scuola del giorno dopo e  quindi la possibilità di vederla e scambiare le poche frasi meditate una notte intera con cui bisognava comunicare mille cose in poche parole. Alle rose rosse corrispondono i «like» su Facebook, alle serenate le canzoni di YouTube, ai «Ti amo» sui muri sotto casa le scritte sulla bacheca.

Per certi versi potremmo dire che questo modo di corteggiare  recupera un tempo antico come scriveva   nel  romanzo Le ho mai raccontato del vento del nord  l’austriaco Daniel Glattauer (Feltrinelli). Storia di un intenso amore epistolare tra due sconosciuti, nato per un indirizzo sbagliato tra Emmi e Leo. Frase cult: «Scrivere è come baciare, solo senza labbra. Scrivere è baciare con la mente». Molto citata, esprime lo spirito del corteggiamento via chat ed sms. Oppure come nel film “C’e posta per te”  storia di un corteggiamento on line tra due persone che per ironia della sorte si frequentano tutti i giorni ma non sanno di essere gli stessi coperti da un nick name!

Oppure l’altro film pre-social Jules et Jim (1962) di Francois Truffaut in cui Catherine e Jim si devono vedere presso un caffè parigino, alle sette. Lui arriva con qualche minuto di ritardo per ottimismo, e non vedendola teme che lei se ne sia già andata; aspetta, ma se ne va poco prima che lei, più ottimista di lui, arrivi. Così nella didascalia all’inizio del film c’è il senso di tutto: «M’hai detto ti amo. Ti dissi: aspetta. Stavo per dirti: eccomi. Tu m’hai detto: vattene». Meno di un Tweet. E dentro c’è amicizia, amore, tutto.

Alla fine la conclusione scontata è «Per corteggiare? Non bisogna corteggiare». Ci si affida ai 140 caratteri di twitter o a quelli di sms; oppure lasci una frase copiata chissà dove sul profilo dell’obiettivo, anzi del target!

Incontri online e tecnologia creano maggiore disponibilità di appuntamenti, ma anche maggiore asincronicità, confusione di ruoli e sentimenti, rendendo il corteggiamento disfunzionale, senza intimità, di breve respiro. Ecco il corteggiamento disfunzionale: ruffianeria (scusatemi tantissimo), postmodernità (etc…), falsi alibi (il silenzio giustificato con il senso di colpa), asincronia e presunzione di innocenza (non è troppo tardi, vero?). E il desiderio?

Un tempo esisteva una fase in cui la persona desiderata era presente nella propria mente solo come desiderio e fantasia. Si creava e coltivava il desiderio amoroso attraverso la scrittura tra due innamorati che, a distanza e progressivamente, imparavano a conoscersi e desiderarsi prima dell’incontro nella vita reale. Tutto era rallentato, le tappe fisiologiche venivano superate lentamente e prima che le fantasie diventassero amore vero sancito dall’ approvazione delle famiglie d’origine, passavano mesi e mesi. Oggi la facilità con cui si può entrare in connessione abbatte il desiderio. Le relazioni si accendono e si spengono alla velocità di un clic, perché il desiderio, il corteggiamento, il sogno, la costruzione dell’amore, sono “inquinati” dal bisogno narcisistico di consumare tutto e subito. Esiste solo l’istante.Tuttavia, nella “vera” quotidianità, quella che non si trascorre seduti dietro la scrivania piuttosto che con la testa in uno smartphone, esiste la lunghezza dei tempi morti, la lunghezza della noia, la lunghezza delle discussioni. Quella la lunghezza che è l’essenza della nostra vita e che Piserà e Berlingieri invitano a recuperare per non dissolvere un sentimento come l’amore.

Nonostante il richiamo della rete ci spinga verso la condivisione continua di contenuti personali, l’amore, quello vero, continua a necessitare di un ingrediente importantissimo: il romanticismo ha bisogno di privatezza. Il sentimento amoroso resta sempre privato e intimo, e se perde queste caratteristiche semplicemente non è più tale. Alla fine  della lettura si rimane con un senso di insoddisfazione quasi che ognuno di noi cercasse  quell’ultimo capitolo che non c’è e non poteva esserci. Perché quello del  cosa-fare non era nelle intenzioni degli autori, che hanno un obiettivo più impegnativo e più profondo e per certi versi scandaloso: riprendere a interrogarsi, a chiedersi, a porsi problemi e cercare la soluzione nella reciprocità dell’altro  dominando le tecnologie che ci sperzonalizzano e ci omologano a ingranaggi intercambiabili e anonimi. Un sentimento in quanto tale non ha un sentimento uguale perché vive in una persona, e non esiste una persona uguale ad un’altra. Un sentimento può trovare  la sua risonanza in una persona più che in un’altra e comunque sarà diverso con un’altra persona ancora. Questo a mio giudizio è il messaggio che Piserà e Berlingieri ci trasmettono in questo lavoro che ho trovato coinvolgente per la tematica che affronta, impegnativo  per il livello culturale di indagine e godibile per la sua genuina capacità a comunicare e che lo  rende fruibile ad un pubblico vasto. Certo quest’opera non chiude l’indagine e non era questo il suo intendimento anzi apre orizzonti nuovi di ricerca che vanno indagati  affinché  in una società così fortemente globalizzata valori e principi riacquistino la loro valenza universale per ancorare l’umanità a percorsi indiscutibili e non alienanti. Il libro si immette nel sentiero della pedagogia moderna riuscendo a recuperare aspetti di un mondo ormai lontano a cui guardare con gli occhi di un bimbo per recuperarne tutta la freschezza e tutta la sua attualità.

Dr. Romeo Aracri

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