Spilinga contro il gioco d’azzardo

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Il sindaco di Spilinga Franco Barbalace
Il sindaco di Spilinga Franco Barbalace

Riaffermare la legalità contro il diffondersi del gioco d’azzardo, attraverso una nuova legge quadro nazionale sul gioco d’azzardo, leggi regionali specifiche e conferimento ai Sindaci del  potere di programmazione, controllo e ordinanza.

Con una delibera approvata dal Consiglio, il Comune di Spilinga, aderisce al “Manifesto dei Sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo”, elaborato da Sindaci e Assessori all’interno delle iniziative della Scuola delle Buone Pratiche promossa da “Terre di mezzo” e Legautonomie.

Sono 15 milioni i giocatori abituali, 2 milioni quelli a rischio patologico, circa  800.000 i giocatori già malati. Sono necessari 5-6 miliardi l’anno per curare i dipendenti dal gioco, mentre le tasse incassate dallo Stato sono solo 8 miliardi. In pratica son o questi alcuni preoccupanti numeri del gioco d’azzardo.

“I punti chiave del manifesto sottoscritto dall’amministrazione comunale – sottolinea il sindaco Franco Barbalace – mirano ad una nuova legge nazionale che incida a ridurre l’offerta del gioco e renda più difficile l’accesso ad esso, promuovendo attività di prevenzione e di cura. L’altra richiesta è quella di dare maggiori poteri agli enti locali in questa materia, come la possibilità di decidere gli orari d’apertura, le distanze dai luoghi sensibili e la facoltà anche di esprimere un parere vincolante per l’apertura o meno di nuove strutture. Nel quadro del documento sottoscritto, anche l’impegno assunto dagli stessi Comuni a sostenere la formazione propria, degli esercenti e dei cittadini, nella consapevolezza del ruolo insostituibile della cultura per conoscere e comprendere la portata e le conseguenze di un abuso del gioco d’azzardo, prevenirne quindi gli effetti e costruire, su tale aspetto, nuovi atteggiamenti e nuove mentalità”.

Le persone più interessate al gioco, tra l’altro, sono le fasce più deboli e fragili della nostra società, chi ha una minore scolarizzazione, chi ha un lavoro più precario, chi è in difficoltà nel trovare una propria identità: giocano il 47% degli indigenti, il 56% delle persone appartenenti al ceto medio-basso;  il 70,8% di chi ha un lavoro a tempo indeterminato, l’80,2% dei lavoratori saltuari, l’86,7% dei cassintegrati. Giocano di più e con più soldi i ragazzi delle scuole professionali, e giocano il 61% dei laureati, il 70,4% di chi ha il diploma superiore, l’80,3% di chi ha la licenza media.

Giocano anche gli adolescenti: si stima che giochi il 47,1% degli studenti tra i 15 e i 19 anni: il 58,1% dei ragazzi e il 36,8% delle ragazze. Gli adolescenti sono più a rischio dipendenza: circa il 4%-8% ha un problema di gioco e il 10-14% è a rischio di diventare giocatore patologico.

Secondo le statistiche, in molti giocano tutti i soldi a disposizione, altri  hanno l’abitudine di sottrarre soldi in casa o dove capita, altri chiedono soldi in prestito a parenti e amici.

La dipendenza dal gioco è una vera e propria malattia che compromette lo stato di salute fisica e psichica del giocatore, il quale non riuscirà a uscirne da solo, è cronicamente e progressivamente incapace di resistere all’impulso di giocare e spesso si trova nella condizione di dover chiedere  prestiti a usurai o a fonti illegali, oppure di venire arrestato per falsificazione, frode, appropriazione indebita o evasione fiscale mirate a ottenere danaro per giocare; a volte  giunge alla perdita del lavoro per assenteismo. Tutto questo produce sofferenza, difficoltà di relazione anche all’interno della famiglia, litigi e vulnerabilità.

“La dipendenza da gioco, quindi – aggiunge Barbalace – si configura come una questione socio-sanitaria, che coinvolge il sistema sanitario nazionale, le Asl, le Amministrazioni locali e le comunità nel loro insieme. E’ indispensabile mettersi in rete con altre Amministrazioni e altri territori, con le Asl, le Prefetture e le Questure, per costruire  un fronte ampio di informazione, formazione e contrasto a questo tipo di gioco che si sta rivelando una vera emergenza sociale. E’ una questione, dunque, che coinvolge ogni comunità e ogni Amministrazione comunale, che va affrontata senza ideologismi, prima di tutto a livello di prevenzione, culturale e sociale, ma può richiedere anche interventi regolativi e normativi ove lo si ritenga necessario”.

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