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Perché la Basilica romana… (parte seconda)

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I rappresentanti dell’Associazione amici della Certosa di Serra San Bruno, in data 26 novembre, hanno  presentato in Vaticano l’icona di San Bruno per la benedizione del Santo Padre. L’icona, simbolo della storica ricorrenza certosina del prossimo 27 febbraio, è stata poi  esposta nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.

Perché, per detta ricorrenza, si è scelta proprio la Basilica romana di S. Maria degli Angeli?

Nella precedente nota: PERCHE’ LA BASILICA ROMANA… sono state riportate le impressioni di un ignaro e colto visitatore occasionale che, nell’attesa del treno presso la Stazione Termini, visita questa vicina Basilica. Ora ci soffermiamo su alcune note storiche che riguardano questo complesso e ciò che lo circonda; per scoprire, infine, che trattasi di una monumentale e storica Certosa intimamente legata alla figura di San Bruno.

La Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri è situata nelle antiche terme di Diocleziano in Roma.

Nel 1091, Brunone da Colonia e il suo compagno Gavino, chiesero al Papa Urbano II il luogo per  la costruzione di un monastero additando l’area intorno alle terme diocleziane dove sorgeva la chiesa di San Ciriaco.

Lo storico Duchesne, riporta che S. Ciriaco fu consegnata, da Urbano II, al santo monaco Brunone nel 1091; la chiesa di San Ciriaco sorgeva dove ora si trova il Ministero delle Finanze e i resti sono stati identificati all’atto degli scavi delle fondamenta di questa nuova costruzione.

Per alterne e avverse vicende storiche il progetto certosino non si realizzò. Comunque, l’idea del fondatore, restò sempre viva nel cuore dei monaci bianchi di Brunone da Colonia.

Nel 1304, il Padre Generale dei Certosini ottenne da papa Benedetto XI, Niccolò Boccassini (1303-1305), la concessione di costruire la Certosa alle Terme di Diocleziano. Ancora una volta l’impresa non ebbe la conclusione sperata. Nel 1363, due fratelli di nobile famiglia, Nicola e Napoleone degli Orsini, ritentarono l’impresa. Chiesero l’autorizzazione al Papa Urbano V (Guglielmo di Grimoard, 1362-1370) che, con Bolla datata 5 gennaio 1363, li autorizzava a costruire una Certosa sulle Terme di Diocleziano. Poco dopo, Napoleone Orsini, veniva a mancare lasciando il gravoso compito al solo fratello Nicola rinfrancandolo di tremila fiorini d’oro. Ma, Nicola, per proseguire nel progetto comune, volto ad elevare la fondazione sulle rovine delle Terme, si accorse che l’opera, per la sua complessità, richiedeva spese molto gravose che andavano al disopra delle risorse disponibili. Scoraggiato, calcolò che una costruzione ex novo sarebbe costata molto meno e chiese, al papa Urbano V, un’altra Bolla (1370) che lo autorizzasse alla costruzione di una Certosa nuova in Santa Croce in Gerusalemme; l’odierno rione Esquilino in Roma a ridosso delle Mura Aureliane e dell’Anfiteatro Castrense.

Urbano V concesse la Bolla, e venne costruita non solo la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, ma anche altre fabbriche attinenti: chiostro, case, cimitero, campana e campanile compresi gli orti e i terreni adiacenti. Questa fu la prima vera Certosa in Roma.

I Certosini nel tempo ripresero l’idea del loro Fondatore e continuarono a sperare di potersi trasferire alle Terme di Diocleziano, sopratutto per l’avverso clima di Santa Croce rivelatosi malarico e dalla rumorosità  del sito, che veniva a  turbare quella quiete necessaria allo stile di vita eremitica dei monaci. Nel 1390, il Padre Generale dell’Ordine chiese al papa Bonifacio IX, Pietro Tomacelli (1389-1404), il permesso di trasferire i Certosini alle Terme spiegando la precaria situazione di quei religiosi. Papa Bonifacio si trovò nell’impossibilità di esaudire la richiesta e, in alternativa, offrì  il monastero di Palazola nel territorio dell’Urbe: luogo situato nel comune di Rocca di Papa, in provincia di Roma. Altri tentativi furono fatti con papa Martino V. Oddone Colonna (1417-1431), ma le condizioni storiche del tempo erano tali che non permisero di affrontare il progetto. Bisognerà attendere ancora oltre un secolo e mezzo.

Dopo molte peripezie e trascorsi quattro secoli di tentativi, i Certosini raggiungevano lo scopo costantemente perseguito di fondare una Certosa alle Terme di Diocleziano.

Infatti, Il 27 luglio 1561, Pio IV emanava una Bolla con la quale stabiliva che sorgesse alle Terme una chiesa intitolata a S. Maria degli Angeli e concedeva l’officiatura di essa ai Certosini di Santa Croce in Gerusalemme; un mese dopo si poneva in forma solenne la prima pietra.

Con successivo Breve del 10 marzo 1562, ai Certosini, che avevano dimorato fin dal 1370 a S. Croce in Gerusalemme, il papa concedeva l’autorizzazione a trasferire la Certosa nel luogo scelto all’origine, cioè alle Terme di Diocleziano.

Il programma di bonifica della zona delle Terme intrapreso da Pio IV, non si limitò a favorire la costruzione della chiesa nel corpo centrale della grande costruzione romana, ma trovò il suo completamento nell’insediamento dei monaci certosini, con la relativa fabbrica conventuale, presso la chiesa della quale avevano ottenuto  l’officiatura. I lavori furono condotti a termine, quando papa Gregorio XIII, Ugo Boncompagni, (1572-1585), si decise a concedere larghi contributi.

Guglielmo Matthiae così descrive la costruzione del Convento: “Esso fu eretto con progetti elaborati da Giacomo del Duca e allo stato attuale dell’opera nessun elemento formale giustifica la pur diffusa opinione di interventi o di consigli o addirittura di piani forniti da Michelangelo; questi quasi ottantenne, vide almeno in parte sorgere la fabbrica, la data del 1565, esistente su un pilastro angolare del chiostro grande lascia supporre che il vecchio maestro (1475-1564), facesse appena in tempo a vedere i piani dell’opera ed i primi lavori. L’insigne architetto italiano ebbe l’idea geniale di erigerla nel Tepidarium delle Terme, conservando le otto belle colonne monolitiche di granito rosso d’Egitto che vi si trovavano e l’intero inserimento del monastero  certosino fu condotto con perizia nel rispetto dei ruderi esistenti; il chiostro piccolo fu ricavato a destra del presbiterio della nuova chiesa nell’area quindi dove doveva essere la grande piscina natatoria; il chiostro maggiore andò a porsi fra il corpo centrale delle Terme e il lato settentrionale del suo recinto; le abitazioni dei monaci ne occuparono solo il lato occidentale (Via Cernaia) restando lontane dal muro perimetrale. Mentre veniva così evitata ogni vasta demolizione delle antiche strutture si raggiungeva, diversamente da quanto era avvenuto per la chiesa, uno svincolamento totale delle forme architettoniche nuove che potevano modellarsi senza preoccupazioni sugli schemi formali correnti. Senza dubbio la parte architettonicamente meglio risolta di tutto il Convento, sono le abitazioni dei monaci, che i lavori di isolamento delle Terme hanno messo in valore e che con la loro visione d’insieme sono una delle attrattive particolari di Via Cernaia.”

Il Vaticano, nel corso dei secoli, ha sempre avuto un particolare riguardo per la Certosa alle Terme.

Nel 1628 si ha notizia di una visita apostolica prescritta dal papa: gli atti registrano una comunità di 15 monaci e 5 laici.

Nel 1873 il Parlamento italiano approvò la legge che soppresse gli Ordini religiosi e la Certosa venne incamerata dal Governo italiano con tutti i suoi beni. Di conseguenza il Capitolo Generale ordinò ai monaci di lasciare Roma.

L’intera Certosa, con gli opportuni adattamenti, è stata la sede del Museo Nazionale Romano e della Soprintendenza alle Antichità di Roma fino agli anni ’90.

Nel 2000 tutto il complesso monastico è stato ristrutturato, lasciando intatti all’esterno; sia il chiostro grande che quello piccolo, che hanno continuato ad ospitare; all’interno del piano superiore ultramoderno, le collezioni provenienti da Palazzo Massimo.

La Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri è stata elevata a chiesa di Stato e in essa si svolgono funerali di eminenti personalità che hanno onorato la nostra nazione; comprese le vittime dei militari caduti in missione di Pace all’estero.  In proposito viene spontaneo un collegamento storico che vede il discepolo di San Bruno: papa Urbano II, come l’ideatore della prima crociata e lo stesso San Bruno che, suo malgrado, collabora alla realizzazione di quella che fu una terribile carneficina. Nel libro “L’Angelo che custodiva gli atomi” di Lomorandagio, già recensito dalla poetessa e scrittrice Francesca  Rita  Rombolà in – http://www.poesiaeletteratura.it/ troviamo la seguente triste citazione:

“Infine c’è un ignorato collasso quantico da analizzare e collocare nella giusta dimensione umana; sono le anime dei nostri soldati caduti in Afghanistan che ci lasciano con un commosso addio proprio dalla casa di Bruno, dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma, che è stata la chiesa di san Bruno; di colui che per primo ha esecrato l’azione che sta all’origine di queste tragiche conseguenze.”

-da una ricerca storica di Girolamo Onda  – dicembre 2013-

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