La panificazione

Condividi il post:

“Il recupero della Memoria” – Pasquale Vallone 2008 (vai al precedente post sull’argomento)

Cap. 1.1 – RITRATTO DI VITA DELLA CIVILTA’ CONTADINA A BRATTIRO’

La panificazione

Per la massaia fare il pane era quasi un rito sacro, e di certo costituiva anche una grande gioia che ripagava di tutta la fatica per prepararlo.

La farina, che proveniva dal mulino, era mescolata alla crusca dalla quale veniva separata mediante un crivello (crivu).

Per la panificazione si usava il lievito (livatu) con il quale si impastava il quantitativo necessario di farina nella madia (majia), e lo si lasciava lievitare. Si preparavano poi i pani (panetti) tondeggianti, messi in fila su una tavola e bene coperti riguardo alla temperatura esterna, per la lievitazione.

Poi si accendeva il forno con tralci di viti (paniji ‘i viti) e con frasche, fino a quando i mattoni interni non diventavano arroventati.

Successivamente si raccoglievano le braci con un sirto (tiravrashi), si ammassavano sulla bocca (apertura) del forno, e si copriva con una tegola (ceramita).

Il pavimento del forno si puliva con un mazzetto di rovi (cajipu) quindi, con una pala di legno, si mettevano i pani nel forno la cui apertura (a vucca du furnu) veniva chiusa con la ruota che era in ferro (a rota du furnu).

Il tempo necessario per la cottura era circa un’ora.

Il pane biscottato (u pani tostu) si faceva rimanere nel forno per circa due giorni.

Print Friendly, PDF & Email

Commenti

comments

Lascia un commento

Vibonesiamo.it BLOG – Mario Vallone Editore is Spam proof, with hiddy
UA-40017135-1