I brattiroesi scrivono al Papa

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Durante la cosiddetta “Lotta di previti”, vicenda storica brattiroese risalente agli anni ’30, da noi più volte approfondita su questo blog (CLICCA QUI PER LEGGERE UN PRECEDENTE POST), gli abitanti del paese mandarono una missiva addirittura al Papa.

Di seguito il testo della lettera estrapolato dal libro “Brattirò e la sua storia: aneddoti, fatti, misfatti” scritto dal dott. Pasquale Vallone pubblicato dalla casa editrice Thoth nel 2012.

13 – 7 – 1936

LETTERA –  SUPPLICA  DEI  CITTADINI  DI  BRATTIRO’  A   SUA  SANTITA’  PIO  XI

Santo Padre,

E’ il grido disperato di anime, di figli che oggi si fa sentire al cuore del Padre Comune. Siamo poveri padri di famiglia, che prostrati dinanzi al cospetto di V. Santità, ci permettiamo esprimere tutta la pena che travaglia il nostro cuore, gridare l’allarmi del pericolo a cui vanno incontro tante anime. Da tempo, da molti anni desideravamo uscire da uno stato quasi di abbandono, quando la Provvidenza si degnava mandarci un giovane sacerdote, per noi sconosciuto. Lo abbiamo accolto, abbiamo corrisposto al suo zelo e in pochi mesi è stata una gara, un progredire continuo, un orientamento nuovo verso le vie del Signore. Questo sacerdote, cosa incredibile, in poco tempo riuscì ad attirarsi la stima del popolo intero, a farsi amare in maniera appassionata da tutti, uomini e donne, e quel che più importa, perché più necessario, dai giovani, ieri sperduti, disorientati, scostumati, oggi fusi insieme, ricondotti ai piedi dell’altare, con nella mente e nel cuore il desiderio di divenire migliori. Santità! Quale è stato il segreto di tanto bene? Certo la grazia, ma ancora il bisogno prepotente di svegliarsi dal torpore e le virtù del sacerdote Gaetano Cortese da Tropea, mandato in mezzo a noi il 17 gennaio di quest’anno, alla morte del parroco don Ferdinando Rombolà.

Ma ecco che ad un tratto venne a essere turbata la pace, rotta la corrispondenza e quindi il progresso di cui è sorgente.

Per intrighi di sacerdoti e per non sapersi rifiutare ad un uomo –sac. Loiacono Michele, parroco di Brivadi, piccolo paese di questa diocesi– che ha al suo attivo dieci anni di sacerdozio, il vescovo ha pensato, con un atto della sua autorità, assegnargli la nostra parrocchia, nominando il nostro zelante e benemerito Economo Spirituale sac. Gaetano Cortese titolare in un’altra parrocchia della diocesi. Santità! Chi potrebbe dire e descrivere a parola il capovolgimento nell’ordine sociale e morale avvenuto nel nostro paese a tale provvedimento! In un tratto ci siamo visti tornati allo stato di prima. Mai abbiamo vissuto giornate più tormentate, mai l’orizzonte del nostro spirito è apparso così fosco e avvelenato. Un grande pericolo ci sovrasta: stiamo per essere vittime delle estreme e funeste conseguenze per lo spirito cui fatalmente arriva il più delle volte, un popolo rurale e ignorante, come il nostro, ma cosciente del suo bisogno e tradito nelle sue aspirazioni verso il bene. Santità! Siamo poveri ignoranti, tutti lavoratori della terra, padri di famiglia che non abbiamo assolutamente la voglia e la pretesa di fare i politicanti che per capricci vogliono avere ragione dell’autorità; sono mille e seicento anime che prostrati ai piedi di V. Santità implorano l’intervento in un doppio pericolo: rimanere senza sacerdote, essere vittime della propaganda protestante.

Santità! Una forte volontà di pianto ci invade, un senso di abbattimento e di disperazione ci possiede al solo delinearsi a prendere consistenza del doppio pericolo- ci sentiamo perseguitati. Ma quale, Santità, è stato il nostro delitto, la nostra colpa? Se l’esserci rivolti al Padre, al Vescovo, con suppliche e null’altro, dire a lui con compiacenza i progressi nella via del Signore del nostro popolo, gridare l’allarme del pericolo, esporre la pena che travaglia i nostri cuori, costituisce un delitto; noi Santità l’abbiamo commesso e ne chiediamo perdono. Tuttavia non possiamo pensare che la realtà possa essere trascurata, che si possano chiudere gli occhi dinanzi a tanta rovina di anime e lasciare che si perdono. Bisognerebbe non avere cuore e non sentire ripercuotersi, con accenti disperati, il grido di tanti giovani, di vecchi, di anime redenti dal sangue di Cristo; bisognerebbe non amare dello stesso sconfinato amore del Signore gli uomini per non sapere e volere trovare una via di scampo, un ripiego pur di non permettere che una sola anima vada perduta. 

Santità! Non sappiamo trovare parole per descrivere appieno il dramma doloroso che il nostro popolo sta vivendo nella sua più cruda realtà! Perché far soffrire tante anime, far disperare tante coscienze? Perché non venirci incontro in un bisogno? Se il parroco serve per il popolo, per dirigerlo verso le vie del bene, se il popolo d’altra parte è contento del sacerdote inviato dal vescovo, progredisce nel bene; quale ragione ci può essere di rimuoverlo? Non la indegnità del sacerdote Cortese, la cui bontà costituisce il segreto di tanta simpatia da parte del popolo e da parte del vescovo il pieno riconoscimento nominandolo, benché giovane, parroco altrove.

Del resto il sacerdote Cortese è di Tropea e sul suo conto può riferire Monsignor Carlo Emanuele Toraldo, Cameriere segreto partecipante di Vibo Valentia, che certamente lo conoscerà. D’altronde se qualche ragione ci potesse essere non vale la pena transigere pur di non turbare la pace? Non è questo il dono che portò il Cristo al suo primo apparire in  questo povero mondo? Santo Padre! Perdonaci le nostre parole possono tradire i nostri sentimenti, che dopo tutto sono cristiani: siamo poveri ignoranti e quasi preferiremmo tacere.

Tuttavia al Padre non si può aprire l’anima con fiducia di essere compatiti. Perché questa persecuzione? Santo Padre! Il più delle volte per mascherare la passionalità dell’uomo, i propri capricci e puntigli, si fa questione dell’autorità, del prestigio. Ottimo ripiego pei deboli. Ma non crediamo che questa autorità debba essere sostenuta a proposito e a sproposito, anche con rovine di anime di popoli interi, specie quando l’investito di questa autorità, nell’esercitarla non usa quella saggezza dovuta, quell’intelligenza illuminata, non misura –prostrato dinanzi all’unico vero Reggitore di popoli – tutte le conseguenze, tenendo conto di uomini e cose. Santità! Se nel caso nostro, si fossero tenuti come vangelo questi principi di governo, adesso non ci saremmo trovati in tanta rovina, di fronte a tanto pericolo. Si sarebbe tenuto molto conto della rinunzia degli interessati per procedere ad un trasferimento, a un trasloco, lasciando così intatta l’autorità, facendo ancora un ossequio.

Santo Padre, certamente queste parole che escono dai nostri cuori disperati, non potranno non amareggiare il Suo cuore di Padre buono, di Padre Universale. Ne chiediamo sinceramente perdono mentre umilmente attendiamo la grazia. Santo Padre se il suo cuore buono di Padre e di Pastore universale avrà, come siamo sicuri, delle vibrazioni di commiserazione e di misericordia per le nostre anime, non disdegni di prendere in considerazione gli accenti disperati di un popolo che attende o faccia vedere alle nostre anime che non ci ha dimenticati; che dall’alto del Vaticano il suo occhio segue e vigila tutti, anche noi benché sperduti in questo estremo lembo d’Italia, benché ultimi nel consorzio umano.

Trovi, Santità, una via di scampo a tanti pericoli  per amore di Cristo, per l’amore che porta alle nostre anime. Intervenga con la sua parola, mandi sul posto un suo inviato, un suo visitatore apostolico perché da vicino osservi la situazione e la risolva.

E’ il desiderio di un popolo intero, cui preme la salvezza della propria anima; è il desiderio vivo e angoscioso di noi padri di famiglia, che prostrati nella polvere del nostro nulla imploriamo l’Apostolica Benedizione.

Brattirò 13  luglio 1936

Seguono le firme di tutti i capi famiglia residenti a Brattirò

…Quando la curia vescovile di Tropea ricevette per competenza copia della testè indicata lettera–supplica dal Vaticano si scatenò un vero e proprio inferno! I sette firmatari di tale lettera furono arrestati tra il 27 e il 28 settembre….

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