Zambrone – Tamburello Festival 2013

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PUNTATI SU DIECI ROTE

Ci siamo internazionalizzati. Questa è la notizia! Abbiamo varcato confini lontani e ora sciamiamo per il vasto mondo. O è solo un’illusione, un miraggio, un’ennesima fata Morgana che si diverte a trarci in inganno… noi, voi, tutti. E non noi sciamiamo per il vasto mondo ma è quest’ultimo che si è gioiosamente e sorprendentemente catapultato in quest’angolo di Calabria e vi sciama come un’onda omerica. Da piccola rota (più in là coglierete il valore che la parola assume in questo contesto) siamo diventati una macina. Avete presente? Quelle enormi pietre circolari solitamente di granito che si usavano nei vecchi mulini o nei frantoi? Ecco. Proprio quelle. Abbiamo schiacciato (metaforicamente, s’intende!) le avversità, le incomprensioni, le difficoltà pratiche, persino l’invidia e la supponenza di chi, mentre abbandona e in qualche modo tradisce lo spirito della cultura popolare calabrese, si impingua e si riempie la pancia di contributi regionali, comunali e di sponsor dal nome altisonante e dal logo firmato. Abbiamo dimostrato, noi del Centro studi umanistici e scientifici Aramoni, che si può fare intrattenimento e cultura con la passione e il sacrificio di chi crede in quello che fa e sa di farlo perché vuol fare emergere il lato nascosto e profondo e mai seriamente studiato di questa regione, di questa piccola comunità zambronese, di quest’area che si avvale di una storia straordinaria, bella e antica, misteriosa e appassionante, che si mostra nei suoi valori artistici e storici già dall’età del bronzo. Come, del resto, è dimostrato dai reperti rinvenuti di recente nella zona marina che si avvale dei finanziamenti e del sostegno non già della Regione Calabria ma dell’Università di Napoli e di quella di Salisburgo. E noi come possiamo rispondere? Come possiamo contribuire? Come possiamo testimoniare la nostra volontà di esserci e di partecipare come comunità, come popolo, come calabresi? Facendo ruota! Ecco, facimu rota per il decimo anno! Siamo puntati noi sulla decima ruota e invitiamo tutti a puntare sulla decima ruota. Come se dovessimo formare idealmente un enorme cerchio umano, di uomini, donne e ragazzi che si tengono per mano e si trasmettono l’un con l’altro, con i ritmi delle nostre musiche, il sentimento dell’appartenenza, della fraternità, della gioia di vivere nonostante tutto. Perché il fare ruota non è solo per applaudire chi danza standone dentro ma anche per gioire della gioia altrui ed esserne testimoni e portatori di augurio e di speranza. Come se la rota costituisse un simbolo di unità e di fede, di comunicazione espressa con il linguaggio dei segni, con gli applausi e le contorsioni, le entrate improvvise e le uscite repentine, secondo i turni fissati dalla mente sublime del mastro da ballu. E in effetti, a ben pensarci, c’è una forma di comunicazione più diretta e immediata della musica? Per esprimere un sentimento di tenerezza e d’amore, o di rabbia o di protesta o di vendetta o di perdono, di rancore o di felicità esiste uno strumento più idoneo della musica specialmente se accompagnata da una mimica espressiva più che dalle parole? E lasciate che per una volta il cielo faccia vedere tutte le sue stelle. Non succede mai e non perché il cielo le oscuri di proposito ma perché non abbiamo più il desiderio di guardarle o pensiamo di non averne il tempo o che sia inutile. Ma il cielo della Calabria è diverso, come le sue acque che fecero fremere la poesia di Teocrito. Sembrano raccontare con mormorio sommesso o talvolta irritatissimo frastuono  incredibili storie d’amore e di morte. Qui, in Calabria, Spartaco in lotta contro i Romani e contro l’idea di schiavitù trovò le sue reclute e quasi nessuno sa che da un frate francescano calabrese, tale Serafino della Salandra, che aveva scritto un dramma dal titolo L’Adamo Caduto, il poeta inglese Milton trasse l’idea del suo Paradiso Perduto come testimoniato dal grande Francesco Zicari che lo racconta in una lettera al suo amico Francesco Ruffo di Tropea. E potremmo continuare con eventi, testimonianze, scritti e racconti tramandati oralmente. Supponiamo che sarebbe superfluo. Il concetto che vogliamo sviluppare, con le nostre iniziative è che esiste un passato di cui siamo stati protagonisti o partecipi attivi anche per quanto concerne i grandi momenti della vita nazionale. E che chi arriva in Calabria con il pregiudizio di trovarsi in una terra che offre soltanto -e non sempre- sole e mare, montagna e agriturismo, in gran parte deturpata nei suoi momenti territoriali più qualificati e caratteristici, abbandonata a se stessa da chi non è riuscito a comprendere che la bellezza sfiancata e distrutta è un’offesa alla nostra identità e a tutto quel che, messo insieme, costituisce la nostra storia e, alla lunga, una remora all’imprenditoria seria, capace e intelligente. Perciò, facimu rota! Cioè, stiamo uniti! Mettiamoci insieme! Chi viene in Calabria faccia un pensierino non di prammatica e nemmeno sfuggente dal contesto di questa regione. Qualcuno ha detto che la Calabria potrebbe essere paragonata ad un grande museo all’aperto. Forse è esagerato ed eccessivo. Fa pensare a qualcosa di vecchio, superato, da osservare come in gita scolastica, visitato distrattamente più con gli occhi che con il cuore. Ma vi pare! Storia e presente stanno bene insieme. Solo che qualche volta ci dev’essere qualcuno che li metta d’accordo  facendone emergere le linee di convergenza. Questo noi pensiamo di contribuire a realizzare… puntati su dieci rote!

Salvatore L’Andolina

(Presidente onorario del Centro studi umanistici e scientifici Aramoni)

SAGRA ARAMONESE

X edizione

PUNTATI SU DIECI PIETANZE

L’amaro e il dolce. L’agro e lo zuccheroso. Il pepato e il castigato. E via di seguito. Potremmo continuare ancora per molto. Contraddizioni della gastronomia calabrese? O sua formidabile multigustosità? (Perdonate il forzatissimo neologismo). Interrogativi retorici con ovvia risposta: sì. Ma noi, qui, lo sapevamo già e non siamo tenuti a stupirci. Voi sì. Ma non solo per la varietà e i sapori che come brave damigelle precedono e seguono i bendidio di cui stiamo parlando. Bisogna aggiungerci il clima che si crea con la loro apparizione, il prurito alle papille gustative che suscita la loro visione e persino la loro posizione sui banconi, la tensione nervosa che assale l’impavido visitatore rigorosamente attestato nella fila mentre gli occhi restano puntati su quelle dieci pietanze e il rischio di non arrivare in tempo si palesa come evento tra i più perniciosi della giornata… Dieci pietanze? Forse di più. Il numero dieci è qui solo un’occasione temporale. Per segnalare il nostro anniversario. È la magia del numero dieci, nella cabala come nella matematica, come nel nostro immaginario quando abbiamo compiuto i dieci anni. Ma era anche il numero dei grandi campioni del calcio, Pelè, Maradona, Rivera, Zico e poi Baggio, Antognoni, Del Piero e Totti. Per non parlare dei richiami biblici che suscita. Persino lo Spirito Santo lo scelse per la sua calata dopo l’ascesa del nostro Signore. Non esageriamo però. Non pretendiamo tanto. Ma è quanto basta per rimanere puntati sul dieci. Con umiltà e il dubbio che… le sorprese non finiscono mai!

 

TAMBURELLO FESTIVAL

X edition

Puntati su dieci rote (Dancing in ten rings)

The Tamburello festival is an event aimed at the enhancement of certain segments of regional ethnic culture. On 18th August several events will take place simultaneously throughout Zambrone. The festival offers the public the tasty local Aramonese cuisine, with particular attention given to sweets and cakes. The Gallery of Arts and… a thousand flavours! gives an insight into indigenous crafts. The Giants, Mata e Grifone, are two huge puppets that evoke an ancient legend of love. Finally the Camejuzza is a firework display that traces the historical events of 1061, when the Normans defeated the Saracens. The heart of the exhibition is devoted to ethnic music. The absolute protagonists are all the traditional Calabrian musical instruments. The result is a festival dedicated to the Calabrian tarantella, able to drag everybody into the ethnic dances; women and men, young and old people, children and adults, Italians and foreigners. The theme chosen for the tenth edition is: “Puntati su dieci rote” (Dancing in ten rings). “Facimu rota” (Let’s make a ring) is an expression used in some Calabrian popular dances. It means we must stick together! And now more than ever we need to get together. Someone has said that Calabria could be compared to a huge open-air museum. Perhaps this is rather excessive: it makes you think of something old and out-dated, to look at as if on a school trip, visited distractedly with your eyes rather than your heart. Get away with you! History goes together well with the present. It’s just that sometimes there has to be someone who gets them to agree, by highlighting the lines of convergence. We think we are helping to bring this about by… dancing in ten rings!

DI SEGUITO TUTTI GLI OSPITI DELL’EDIZIONE 2013:

PIETRO ADDUCI

È  figlio di una tradizione di suonatori di zampogna originari di una piccola comunità del Pollino: Alessandria del Carretto (CS). Il padre, Vincenzo Adduci, è entrato nella storia del paese come uno dei più bravi suonatori di zampogna a chiave. Ancora oggi ad Alessandria i giovani suonatori come Paolo Napoli ripropongono un tipo di suonata a zampogna denominata “sonatë i Revaghë” (soprannome della famiglia Adduci). Zio Pietro è stato ed è tutt’ora, per molti ragazzi che si avvicinano al mondo della zampogna, un punto di riferimento musicale, un vero e proprio “maestro della tradizione”.

ELISABETH MORABITO

A soli nove anni Elisabeth Morabito suona l’organetto come una sapiente “sonatura”. Si è accostata al suono di questo strumento dopo avere visto i suonatori di alcuni gruppi popolari esibirsi nelle varie rassegne musicali dell’area intorno a Zambrone. Un fatto inconsueto per una bambina che vive in una realtà (Potenzoni di Briatico) nella quale i suoni tradizionali sembravano essersi affievoliti se non addirittura spenti. Elisabeth Morabito coniuga la vivacità tipica dei bambini con un desiderio incessante di musica e passate. Abile e simpatica, sorridente e solare, per molti bimbi della zona è divenuta un modello per la perseveranza con cui si applica all’apprendimento dell’organetto e per la sua continua sete di sapere musicale. Un talento che coniuga la spensieratezza infantile a una naturale disposizione al suono dell’organetto. Una piccola “organettara” dal grande avvenire.

GIUSY STAROPOLI CALAFATI

poetessa e scrittrice

Vive a Briatico (VV) dove ha profonde radici. Moglie e madre di quattro figli, canta l’amore viscerale per la terra di Calabria, come un poeta canta le bellezze struggenti di una musa. Poetessa calabrese dal verso armonico, trova spazio per la poesia anche in un Sud così estremo, narrando con fame, una Calabria che merita di essere raccontata nella sua crudezza e con la bellezza che vanta e che si porta in dote dalla nascita, perché essa un giorno non finisca addormentandosi. Vincitrice di importanti concorsi e premi letterari nazionali in lingua italiana e in vernacolo calabrese. Tra gli ultimi il prestigiosissimo premio Fabrizio De Andrè a Roma. Scrittrice dalla prosa fresca e composta, applica, nella sperimentazione del linguaggio, accostando la crudezza propria del dialetto alla sovranità italiana della lingua, le regole istruttorie del cuore, stendendo pagine di storie fatte in casa, parenti della Calabria in cui vive, tutte dotate di un carattere universale,  a portata di libro e di lettore in ogni parte del mondo.  È presente in varie antologie poetiche in Italia. Le sue pubblicazioni sono: La mia terra, Edizioni Sabinae, con prefazione di Gerardo Sacco anno 2008. Pensatori e Poeti,  Leonida Edizioni, anno 2010. Natuzza Evolo – due chiacchiere con Maria- Falco Editore, 2013.

SKADDIA

Skaddìa nel dialetto salentino significa fichi secchi. Un prodotto caratterizzante la laboriosità contadina: ricetta semplice, ma preparazione lenta e impegnativa. Un alimento presente, fino a pochi decenni fa, in ogni dispensa pugliese e saldamente ancorato alla tradizione locale. Una scelta non casuale, infatti gli Skaddìa sono nati per omaggiare le melodie, i canti, le nenie e gli stornelli della zona comunemente denominata “Altosalento”. Il fine, valorizzarne i suoi tramandanti, le tecniche sviluppate, i ricordi vivi, sottili e per preservarne e trasmetterne la conoscenza rituale e tradizionale, incorporata nella memoria di quest’angolo della Puglia. Attraverso l’esecuzione dei brani, si mira a far conoscere il patrimonio culturale di una zona della Puglia, a sviluppare il senso di appartenenza, la conoscenza della storia, della cultura e a rafforzare l’orgoglio delle proprie origini. Obiettivo del gruppo musicale é la trasmissione veritiera di una parte della produzione poetica-musicale dell’ “Altosalento” affidata alla tradizione orale che include pizziche, canti e stornelli, raccolti dalla viva voce degli anziani. Il repertorio di musica tradizionale, comprende anche polche e quadriglie, dalle quali l’ascoltatore viene rapito e coinvolto nel ballo. Tutte le esecuzioni si basano, pertanto, sulla ricerca popolare: dai canti di lavoro nei campi a quelli d’amore, alle pizziche delle varie zone (San Vito dei Normanni, Carovigno, Ceglie Messapica, Ostuni).

 SKUNCHIURUTI

Il gruppo nasce dal rapporto umano tra alcuni amici che hanno un unico interesse comune: divertirsi. É così che gli Skunchiuruti cominciano il loro percorso, proponendo canzoni popolari e utilizzando strumenti tipici del territorio ormai quasi dimenticati. Skunchiuruti in gergo significa sconclusionato, persona che non segue una logica ma non per questo superficiale. Esattamente come i dieci componenti della formazione musicale, che s’incontrano per il puro piacere di vivere e condividere esperienze. I sonaturi che ne fanno parte si ritrovano a suonare senza pretesa alcuna se non quella di divertirsi e divertire la gente che li ascolta. Nati e cresciuti a Cataforìo (Rc) gli Skunchiuruti propongono un incontro con la tradizione della cultura coreutico-musicale dell’area di provenienza. La loro musica é al riparo da qualsiasi contaminazione con la cosiddetta “modernità”. Le melodie e i ritmi che coincidono con ‘U sonu a ballu, inducono alla rota e cioè allo schema danzante nel quale i ballerini si dispongono in cerchio per ballare secondo l’ordine disciplinato dal mastru d’abballu e orientano i danzatori ad eseguire i passi puntati e cioè ad osservare il ritmo del tamburello nell’ambito di un linguaggio coreutico condiviso.

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