Mileto, un Comitato contro la chiusura della Casa delle suore di Santa Giovanna Antida Thouret

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Santa Giovanna

Di seguito la nota del Comitato Civico costituitosi spontaneamente a Mileto contro la chiusura della Casa delle suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret.

Arte, archeologia, storia e tradizioni dimostrano come la Calabria abbia rappresentato nel tempo un importante crocevia di testimonianze diverse che, attraverso i secoli, hanno plasmato, a volte tentando di annullarla, la nostra identità culturale, che invece, in ogni sua forma, lega profondamente la sua essenza a Dio. La fede, mista a volte all’ellenico senso pagano dei riti e memore dell’antica tradizione degli eremiti, dei monaci bizantini e di quanti scelsero la nostra terra per erigere i loro “Eremi” come oceani di silenzio e pace immersi nel verde delle montagne calabresi, scandisce ancora oggi il nostro tempo. Il suono di una campana, adesso più che mai, lega la nostra regione al futuro, che inizia proprio dalla conoscenza profonda del passato e di ciò che siamo stati. L’identità è quanto di più importante un popolo possieda e gli abitanti di Mileto, oggi, un pezzo della loro identità, lungo ben 120 anni, non vogliono “perderla” e decidono di “custodirla” costituendosi in un Comitato Civico spontaneo contro la chiusura della casa delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Risale ormai a qualche mese addietro la decisione della Madre Generale di chiudere definitivamente questo piccolo pezzo, non solo della congregazione, ma della grande storia cattolica miletese. Quella in questione è una casa piccola, sicuramente, nata “all’ombra” della Diocesi, di cui occupa parte dei locali, ma è soprattutto una “casa”, che ha “allevato” nel segno di Cristo e della carità, simbolo carismatico di San Vincenzo de’ Paoli, centinaia di bambini, che proprio nelle aule dell’asilo e della scuola elementare fino a qualche anno fa, hanno trascorso la loro infanzia. Visitare “quelle” stanze è come aprire la porta su un’altra realtà, ed ogni foto, così come gli oggetti, racchiude dentro un mondo intero. Un lungo corridoio corre intorno al giardino interno per condurre, attraverso la luce che filtra dalle vetrate, al laboratorio di ricamo, cuore pulsante dell’intera casa, un piccolo laboratorio, sorretto da decenni da un pilastro di nome Suor Leontina, una donna minuta fuori, ma immensamente grande dentro, dalla quale “le sue ragazze” non sanno proprio separarsi, perché in fondo quello che le lega alla casa delle suore della carità di Mileto è l’arte che questa “suorina” ha saputo trasmettere alle loro mani negli ultimi quarant’anni. Un legame quindi, quello fra gli abitanti e le suore, vivo non solo nei cuori di chi ha frequentato quei luoghi, ma ancora lì, negli occhi di due suore anziane che quei corridoi li hanno percorsi fino a consumarli nell’ansia di aiutare, insegnare, accudire, “custodire”  figli che oggi vorrebbero essere “custodi”.  Mileto è una piccola parte di quella Calabria terra di santi di cui parlava Giovanni Paolo II, ricca di spiritualità ed intrisa di misticismo, ma anche di concretezza, di laboriosità è proprio il caso di dire e così, quella che certamente è una scelta sofferta e motivata da parte della casa Madre appare agli abitanti ingiusta ed iniqua al punto da costituirsi in un Comitato che intende addirittura chiedere aiuto al vescovo, e che in seguito, alla conclusione della raccolta di firme, anche alla Madre Generale, organizzando ogni possibile forma di collaborazione pur di avere ancora quella che definiscono la loro casa. Le tre suore rimaste ancora a Mileto non parlano. La superiora arrivata da poco, Suor Aldegonda, conosce bene il voto dell’obbedienza, un’obbedienza difficile da comprendere per noi che, forse troppo lontani dallo spirito essenziale di San Vincenzo de’ Paoli sappiamo domandarci il perché delle cose, senza riuscire però a  capovolgere i valori vigenti, chiedendoci “Perché no?”

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