In Calabria i Comuni riscuotono poco e male le proprie entrate tributarie

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I fabbisogni standard -informa una nota della Prefettura di Vibo Valentia- hanno visto giusto: in Calabria i Comuni riscuotono poco e male le proprie entrate tributarie. A pochi giorni di distanza dall’approvazione dei parametri statistici (si veda ItaliaOggi del 20/4/2013) previsti dal federa­lismo fiscale (su cui dall’anno prossimo saranno calcolati i trasferimenti agli enti locali) arriva la conferma che quel dato, che vede i municipi calabresi portare a casa solo il 37% del totale da riscuotere, è drammaticamente vero.

Tanto che per bacchettare i sindaci sono scese in campo le prefetture. Il primo a volerci vedere chiaro è stato il prefetto di Vibo Valentia, Michele di Bari, che ha avviato un’attività di monitoraggio, unita ad un’azio­ne di sensibilizzazione nei confronti dei co­muni, per capire le ragioni del flop riscossio­ne. Un flop che poi si traduce negativamente su tutta l’attività amministrativa dei comuni calabresi.

Sì, perché non riscuotere i tributi porta i sindaci a non avere risorse per pa­gare i fornitori, li costringe a chiedere an­ticipazioni di cassa di notevole entità e ad iscrivere a bilancio residui passivi di elevato ammontare e di difficile riscossione. Ma so­prattutto dà il via a un lento e inesorabile percorso verso l’indebitamento struttura­le, preludio alla dichiarazione di dissesto. L’indagine della prefettura di Vibo prende in considerazione gli anni dal 2007 al 2010 e salva solo la riscossione della vecchia Ici, l’unica a essersi mantenuta su livelli apprez­zabili nei comuni della provincia vibonese. Ma quando l’analisi si sposta alla l’arsa o al servizio idrico integrato, iniziano i proble­mi, perché i comuni o non riscuotono nulla o confermano percentuali di recupero infe­riori al 40%.

La prefettura calabrese lancia l’allarme: urgono «iniziative urgenti e improcrastinabili per la riscossione delle entrate proprie, ai fini di una corretta gestione della contabilità pubblica, oltre che per non incor­rere nella responsabilità amministrativa in presenza di danno erariale arrecato all’ente».

Di Bari elenca al­cune priorità: poten­ziamento degli uffici tributi, miglioramen­to dei collegamenti informatici tra questi e l’Agenzia delle En­trate e del Territorio. Senza dimenticare l’affidamento tramite gara del servizio di ri­scossione o la gestione diretta dello stesso che è poi la prospettiva che dovrebbe diventare realtà per i comuni a partire dal prossimo 1° luglio, quando i sindaci saranno costretti a lasciare Equitalia e ad affidare con gara il servizio o, in alter­nativa’ a gestirlo all’interno dell’ente. Pecca­to chela scadenza, già oggetto di numerose proroghe negli ultimi due anni, sarà con ogni probabilità nuovamente differita. E con essa anche le inefficienze fino ad oggi accumulate dai comuni italiani sul fronte della riscossio­ne locale.

«L’indagine della prefettura di Vibo fotografa una realtà che è il frutto di anni di abbandono e di esternalizzazioni a soggetti non idonei», sottolinea a ItaliaOggi Franco Tuccio, presidente dell’Anutel, l’associazio­ne che raggruppa gli uffici tributi degli enti locali. «La ricetta per recuperare efficienza è solo quella di riportare le attività di accer­tamento e riscossione all’interno degli enti. In quest’ottica, l’uscita di scena di Equitalia rappresenta una chance da non sprecare. A condizione però che anche il legislatore tor­ni sui suoi passi e ripristini l’incentivo per l’accertamento, previsto per l’Ici e non più in vigore per l’Imu. È stata una scelta miope che ha favorito le esternalizzazioni. Con i risultati che abbiamo visto».

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