NO al rigassificatore di Gioia Tauro…

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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

A TUTTI QUELLI CHE POSSONO DECIDERE:

IL VOSTRO VOTO CI SEPPELLIRà?

 

 

Ai componenti del Comitato Portuale
dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro:

 

Dott. Ing. Giovanni Grimaldi;

C. V. Antonio Ranieri;

C. V. Diego Tomat;

C. F. Antonio D’Amore;

On. Giuseppe Scopelliti;

Dott. Giuseppe Raffa;

Dott. Gerardo Mario Oliverio;

Dott. Stanislao Zurlo;

Dott. Saverio Marrari;

Dott. Ing. Franca Vampo;

Avv. Renato Bellofiore;

Sig. Domenico Madafferi;

Avv. Peppino Vallone;

Dott. Giovanni Barone;

Egr. Commissario Prefettizio Comune di Corigliano;

Dott. Lucio Dattola;

Dott. Giuseppe Gaglioti;

Dott. Vincenzo Pepparelli;

Dott. Gualtiero Tarantino;

Dott. Ing. Francesco De Bonis;

Dott. Ing. Domenico Bagalà;

Dott. Renzo Muratore;

Dott. Marco Paifelman;

Dott. Domenico Bilotta;

Sig. Antonio Rizzuto;

Sig. Daniele Caratozzolo;

Sig. Antonio Sigilli;

Sig. Francesco Reitano;

Sig. Salvatore La Rocca;

Sig. Domenico Macrì.

Gentili signore, gentili signori,

attraverso queste parole, i veri attori sociali presenti sul territorio interessato dal rigassificatore della Piana di Gioia Tauro intendono invitarvi alla riflessione sul voto che andrete a esprimere nel comitato portuale del 6 marzo prossimo. In quella sede infatti non deciderete solo sulla concessione quarantennale di un’area demaniale alla LNG MedGas Terminal S. r. l. ; non deciderete solo se autorizzare su quelle aree la realizzazione e il mantenimento di un pontile e di una condotta criogenica di collegamento alle opere situate nel desertico altopiano della 2° Zona Industriale del Comune di San Ferdinando; bensì deciderete sul futuro di una zona compresa nel raggio di 55 km dal punto in cui sorgerà il rigassificatore stesso. Di un’area così ampia, interessata da una nube di gas incendiario, parla infatti uno studio del 2003 citato dalla Commissione Energetica della California, nel caso di incidente peggiore. Molti di voi risiedono, con le rispettive famiglie, entro una distanza non superiore a quella citata.

            Non si tratta in questo caso di timori di attivisti, o di posizioni ideologiche. Queste preoccupazioni sono infatti confermate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che per ben due volte ha bocciato il progetto, richiamando l’attenzione, da ultimo il 22 giugno 2012, “ […] sulla scelta di realizzare un impianto di questo tipo in una delle aree a maggiore rischio sismico del territorio italiano e nella quale sono particolarmente severi gli effetti del sisma nella porzione di sottosuolo interessata dalle opere”[1]. L’impianto sorgerà su 4 faglie sismogenetiche attive, le stesse che hanno dato origine all’orrendo terremoto del 5 febbraio 1783, del quale lo storico Pietro Colletta scrisse: “Nulla restò delle antiche forme; le terre, le città, le strade, i segni svanirono; così che i cittadini andavano stupefatti come in regione peregrina e deserta”.

            Richiamiamo inoltre l’attenzione su un aspetto che, è il caso di dirlo, tocca molto da vicino specialmente i (piccoli) cittadini di San Ferdinando: le tubazioni criogeniche che condurranno il gas dalla nave ai serbatoi sorgeranno, secondo la planimetria del progetto, a 100 metri esatti dalla scuola elementare “G. Carretta”. Si tratta delle stesse tubazioni sulle quali il già citato CSLLPP si è così espresso: “ […] la valutazione della risposta della condotta criogenica ai terremoti non appare sufficientemente approfondita, soprattutto nella zona di passaggio dalla condotta interrata a quella posizionata sul pontile. È necessario uno studio accurato in tal senso, che tenga conto delle sollecitazioni e degli effetti deformativi indotti dai terremoti sulla condotta e delle misure da adottare per mitigare tali effetti”[2]. Ricordiamo che i modelli elaborati dai Sandia National Laboratories per lo United States Department of Energy’s National Nuclear Security Administration, nell’ipotesi di fessura di 20 m2 a una metaniera, con rilascio di 14.300 m3 di carico (appena il 10% di quanto trasportabile da una metaniera di medie dimensioni, con le più grandi che arrivano a stoccarne 200.000 m3), stabiliscono una eloquente “Skin burn distance” di 1900 metri (“Thirty-second exposure to heat levels of 5 kW/m2 causes second-degree skin burns (blisters) at this distance”). Si afferma inoltre che nella stessa fattispecie, la sola esplosione, con conseguente esposizione di 17 secondi a livelli di calore di 22 kW/m2, permetterebbe l’incendio di un foglio di carta anche a 930 metri di distanza. Trasponete adesso quanto letto sulla pelle di un bambino. Immaginiamo che non esporreste mai i vostri figli, o nipoti, a un rischio del genere. Eppure, votando favorevolmente il 6 marzo, costringereste i piccoli discenti che di tempo in tempo, per 40 anni, si avvicenderanno in quella scuola di San Ferdinando, a sopportare questa terribile spada di Damocle sulle proprie teste.

            Se le popolazioni dell’area dovessero, in questi quatto decenni, scampare al forte sisma che resta comunque atteso, si ritroverebbero comunque a dover fare i conti con la lenta e inesorabile agonia del settore turistico, dal momento che nessun viaggiatore sano di mente sceglierebbe di soggiornare in un’area gravata da questo tipo di impianti, o di immergersi nello specchio d’acqua antistante la locale costa. A maggior ragione se questo conterrà l’ipoclorito di sodio che verrà utilizzato come biocida nel ciclo di riscaldamento del gas e poi rigettato in mare, assieme agli aloderivati di cui fanno parte, tra gli altri, i trialometani. “Uno studio di epidemiologia ambientale dell’Università di Barcellona (American Journal of epidemiology 2007) ha attestato la correlazione tra esposizione a lungo termine a trialometani e cancro alla vescica, altri studi con il cancro al retto, alla prostata, ai reni, tumori epatici, linfomi, anche per esposizioni a basse dosi, ma prolungate. Inoltre e stata dimostrata in altri studi una correlazione tra difetti di crescita, aborto e malformazioni di vari organi del feto ed esposizione a cloro derivati”[3]. Tutto ciò senza considerare che per quanto riguarda i rigassificatori cd. “open rack”, come quello in progetto nella Piana di Gioia Tauro, “ […] uno degli effetti dell’impiego di ingenti quantitativi di acqua marina, ricca di plancton ed organismi viventi, è la formazione di sostanze surfattanti (tensioattive) che si dispongono all’interfaccia acqua/aria- con conseguente produzione di schiume favorita da moti turbolenti superficiali e che possono essere trasportate dai venti e dalle correnti in aree distanti dal luogo di formazione”[4]. Peraltro, “La formazione di schiume, oltre a rappresentare un grave danno di immagine per aree destinate a fini turistici o impedire la balneazione (la presenza di schiume comporta la non balneabilità, come da DLgs. 190 del 30/03/2010), è correlata anche alla presenza di notevoli quantità di batteri potenzialmente tossici (solitamente cianobatteri) e possibile presenza di sostanze contaminanti. Le schiume infatti possono concentrare alcuni contaminanti, che vengono poi dispersi nell’atmosfera (in caso di venti e conseguente creazione di aerosol) o ridisciolti negli strati superficiali delle acque sottostanti (nel caso di assenza di venti e lento trasporto delle schiume tramite le correnti superficiali)”. Tali fenomeni sono stati già osservati particolarmente nel febbraio 2012 presso la spiaggia di Boccasette, a causa del rigassificatore di Porto Viro, e le immagini della stessa sono state mostrate al Presidente della Provincia, dott. Giuseppe Raffa, dagli attivisti di “San Ferdinando in Movimento” nell’incontro dallo stesso concesso nella primavera 2012. Non stupisce dunque che la società stessa, nella relazione generale del progetto, richiamata nel parere (negativo) del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 2010, abbia indicato quali aree ottimali per la realizzazione di questo tipo di impianti quelle “ […] non ad orientamento agricolo, o abitativo”, quale invece è quella in oggetto, a meno di piani sconosciuti agli scriventi.

                Tutto questo a fronte di ricadute sul territorio assolutamente irrisorie, dal momento che gli occupati a regime saranno solo 100, secondo i dati non imparziali della stessa LNG MedGas Terminal; perciò si può immaginare un impiego reale di un numero non superiore a 70 addetti. Tutti oltretutto altamente specializzati, e non reperibili in loco. Per quel che riguarda la fantomatica “piastra del freddo”, poi, si richiamano le parole della stessa società, che già nel 2009, in seguito a indagini della DDA di Reggio Calabria su appalti connessi a questo sistema di recupero delle frigorie, dichiarava eloquentemente a mezzo stampa che La costruzione di una “piastra del freddo” non fa parte del progetto di rigassificatore e dunque non riguarda in nessun modo le attività della società. E risalendo a ritroso l’iter del rigassificatore, si scopre che quelle dichiarazioni si basavano sullo stesso protocollo d’intesa sottoscritto con la Regione nel 2006, che sul punto prevedeva disposizioni assolutamente vaghe: “Per contribuire ulteriormente al progresso sociale, economico, industriale ed occupazionale dell’area [la LNG Medgas, ndr] si impegna a progettare ed a realizzare il terminale di rigassificazione in modo idoneo al ritiro delle frigorie per la Piattaforma del Freddo prevista nel piano di sviluppo portuale di Gioia Tauro e di cui alla delibera CIPE n. 89 del 2003 assicurando la facoltà di detto ritiro delle frigorie prodotte dall’impianto senza corrispettivo per le stesse e senza tenere conto dei maggiori investimenti, previsti in circa 10 milioni di €, occorrenti per la realizzazione dei necessari specifici impianti presso il terminale”. Dunque, nessun impegno concreto alla realizzazione della piastra del freddo, ma semplice obbligo di predisposizione dell’impianto alla possibilità di recuperare le frigorie.

            Si allega, infine, cd – rom contenente i video di un incidente avvenuto nell’ottobre 2012 in Cina, con ribaltamento di una cisterna criogenica contenente circa 50 m3 di GNL e conseguente esplosione, la quale ha causato 5 morti e 7 auto incenerite, ma solo perché la zona era stata transennata e il traffico interdetto. La notizia è stata riportata finanche dalla celebre testata “The Telegraph”. Per ottenere il probabile effetto esplosivo dei 4 serbatoi da 160.000 m3 dell’impianto calabrese, è sufficiente moltiplicare quanto vedrete per 12.800 .

            Sicuri di aver provocato in voi quantomeno qualche minuto di riflessione sul futuro prima di tutto vostro e dei rispettivi nuclei familiari, confidiamo in un voto informato e cosciente al comitato portuale del 6 marzo prossimo.

            Restiamo in attesa di Vs. riscontri e disponibili a qualsiasi chiarimento.

Piana di Gioia Tauro, lì 27/02/2013                                                

   

                                   Associazione “San Ferdinando in Movimento” (San Ferdinando);

Associazione “Social Club” (San Ferdinando);

Associazione “AbraCalabria” (Nicotera);

Associazione SOS Rosarno;

Associazione Africalabria, donne e uomini senza frontiere, per la fraternità;

Kollettivo Onda Rossa (Cinquefrondi);

C. S. O. A. AngelinaCartella – Reggio Calabria

Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “B. Arcuri”;

Forum delle associazioni vibonesi;

L. S. O. A. ex Palestra (Lamezia Terme);

Comitato Lametino Acqua Pubblica;

Comitato “No alla centrale a biomassa di Sorbo San Basile”;

Casa della Legalità (Lamezia Terme);

Gruppo Ambientalista Rosso Cetraro;

OLA – Organizzazione Lucana Ambientalista;

V. A. S. Onlus Calabria;

Laboratorio “Trama e Ordito” (Nicotera);

Associazione “Nicotera Nostra”;

Associazione Culturale “Gioia Sport” (Gioia Tauro);

  1. A.      S. D. SudTrek (Gioia Tauro);

Cittadinanza Democratica (Gioia Tauro);

Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste

                                                                                                                                                                    


[1] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, voto n. 149 del 22 giugno 2012, pag. 34 .

[2] Idem, pag. 37 .

[3] “Il cloro sottovalutato”, Konrad, mensile, febbraio 2013, pag. 30 .

[4] “La produzione di schiume allo scarico mare di impianti di rigassificazione dotati di tecnologia ad orv”, Dott. Carlo Franzosini, Dott. Federico Grim.

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Commenti

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One Reply to “NO al rigassificatore di Gioia Tauro…”

  1. CON IL RIGASSIFICATORE IL TURISMO VERRA’ SPAZZATO VIA ED E’ UN GROSSO PERICOLO PER GLI ABITANTI DELLA ZONA PER UNA FASCIA DI CIRCA 50 KM

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