Demolizione chiesa Gasponi: era inevitabile?

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21/08/12. Ad inizio estate è terminata  la demolizione della chiesetta di Gasponi di Drapia, edificio religioso costruito nel secondo dopoguerra, dedicato a S.Acindino Martire, patrono del paese. Nel maggio 2009 la struttura era stata dichiarata inagibile dai vigili del fuoco e si era deciso che non era possibile ristrutturarla, ma bisognava demolirla e ricostruirla.

Da allora i gasponesi si sono dati tanto da fare per riedificare la loro chiesa. Poche settimane dopo la dichiarazione di inagibilità dell’edificio avevano già formato un comitato per supportare l’iter burocratico per ricostruire il luogo di culto che andava riedificato nel medesimo sito con caratteristiche ben precise. Nel frattempo una sala dell’ex scuola elementare era stata adibita a chiesa (le funzioni da più di tre anni avvengono in questo luogo). Il comitato inizialmente era presieduto dal caro don Giuseppe Furchì, il quale tanto aveva a cuore le sorti della chiesetta tanto da parlare di questo argomento con il vescovo anche quando i due si sono incontrati nella stanza dell’ospedale di Vibo dove don Giuseppe era ricoverato e dove avrebbe di lì a poco esalato l’ultimo respiro (era il marzo del 2011).

Dopo la morte di don Giuseppe il comitato è stato presieduto da don Sergio Meligrana, il sacerdote che ha sostituito don Giuseppe alla guida della parrocchia gasponese (don Sergio anche in precedenza faceva comunque parte del comitato). La chiesa, dicevamo, è stata finalmente demolita. Ora bisognerà darsi da fare per far partire effettivamente i lavori (l’avvio della ricostruzione, infatti, non è automatico). I fondi necessari sembra siano disponibili da tempo. Si tratta di 600 mila euro stanziati dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Ora si è al lavoro per limare alcuni aspetti burocratici. In molti, tuttavia, soprattutto dopo aver assistito alle operazioni di demolizione della chiesa, si sono chiesti se fosse stato veramente necessario buttarla giù o se fosse bastato solo intervenire per ristrutturarla, magari rafforzando in qualche modo i pilastri portanti.

Naturalmente è difficile dare risposte a questo dubbio, o meglio è difficile per chi non è un tecnico. Quello che possiamo dire è che per “distruggere” la chiesa ha dovuto lavorare parecchio una enorme ruspa, mezzo meccanico estremamente potente, che ha inferto numerosi colpi alla struttura  prima di raderla al suolo. Vi era, infatti, del ferro, “nascosto” nel cemento delle pareti e dei pilastri della chiesa. Ma forse la qualità dell’”impasto”, cioè del cemento,  circa 60 fa, quando la chiesa è stata costruita, non era eccelsa. Fatto sta che ora la nuova chiesa costerà 600 mila euro. E non si può più tornare indietro…

MarioVallone

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