Avvocatura, l’opinione di Corrado L’Andolina

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01/02/12. Da un po’ di tempo circola per il Belpaese una specie di dogma. Una causa della crisi del sistema-Italia sarebbe da ricondurre all’elevato numero di legali. Il teorema è molto semplice: sono gli avvocati a creare artificiosamente il contenzioso e, quindi, ad ampliare costi e tempi di giustizia. La teoria è davvero bizzarra, perché totalmente priva di riscontri.

I detrattori di una nobilissima professione, puntuali (ma anche senza fantasia) come un orologio a cucù svizzero, portano il dato francese: «Nella sola Corte d’Appello di Roma -sostengono i tuttologi- esiste un numero di avvocati che è pari a quello dell’intera Francia». Al riguardo, non si comprende per quale plausibile ragione venga proposto un modello che in Europa costituisce un’eccezione e non la regola! In Italia esistono 3,4 avvocati per ogni 1000 abitanti che è una media solo di poco superiore a quella europea. Ma vi è di più. Nessuno, ad esempio, cita mai il caso degli Stati Uniti d’America.

Negli Usa, l’accesso alla professione è libero e non esiste un albo professionale. Secondo gli studi dell’Us Department of Labor il loro numero è di 3,8 per ogni mille abitanti e, dunque, superiore a quello italiano. Negli Usa, gli avvocati costituiscono una risorsa nazionale e nessuno si preoccupa se il loro numero è in crescita; anzi, ciò è visto in termini positivi, perché con i loro 130 miliardi di dollari di fatturato annuo, si ottiene l’1% del Pil nazionale. In Calabria il numero degli avvocati (nel rapporto con la sua popolazione) è il più alto d’Italia e corrisponde a 5,9 per ogni 1000 abitanti. Per molti, la scelta è dettata dall’impossibilità di trovare valide alternative lavorative; ma il dato va salutato in termini positivi, perché una folta avvocatura esprime intelligenze e risorse intellettuali di cui questa regione ha bisogno come il pane. Una società dovrebbe preoccuparsi se cresce il numero dei delinquenti, poveri, disoccupati, analfabeti di ritorno. In questo strano Paese, invece, la crescita di una professione autonoma, antica e intellettuale desta «serie preoccupazioni».

È evidente che il grande nodo di una crescita esponenziale dell’avvocatura è collegato alle prestazioni previdenziali. E se sul punto si intervenisse con un’incisiva, meditata, programmata, efficace e vera liberalizzazione? La tirannica riduzione del numero degli avvocati, messa in atto con scelte normative strategiche è incostituzionale, perché irragionevole e fortemente anticoncorrenziale. Ma nessun intellettuale nazionale (ammesso che ve ne siano ancora) o editorialista, al riguardo, ha speso una sola parola. Distrazione e superficialità o incapacità analitica? A tale proposito, forse occorre rammentare che un sistema aperto alla concorrenza è tale se presso i concorrenti non esistono accentuate differenziazioni reddituali. In Italia, invece, una piccola minoranza di avvocati produce redditi altissimi; la quasi totalità si è però “proletarizzata”. A quando una reale e seria liberalizzazione e liberazione… del sistema? Un tempo la giustizia era prerogativa solo delle classi agiate. In tal senso, la domanda di giustizia è una spia importante in termini di equità sociale. Se in molti si rivolgono alla giustizia, vuol dire che essa è a loro appannaggio.

Anche qui… in un ordinamento statuale equilibrato, ci si preoccupa di un sistema giudiziario che dia solo a pochi la possibilità di adire l’autorità giudiziaria e non del contrario. Nel circondario del Tribunale di Vibo, gli avvocati sono poco più di mille. In molti (erroneamente), li considerano «troppi». E se anziché degli antipatici “azzeccagarbugli”, come vuole un cliché infarcito di bieco conformismo, fossero considerati per quello che sono realmente? E cioè una tra le più importanti risorse della provincia?

Corrado L’Andolina

Pubblicato su Calabria Ora il 31 gennaio 2012, p. 27

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